Gizmodo ha chiesto a ChatGPT di scrivere un articolo. I risultati sono raccolti nell’articolo (scritto da umani) ChatGPT ha scritto un articolo terribile per Gizmodo. Questo l’input:
Scrivi un articolo per Gizmodo in cui spieghi i grandi modelli di linguaggio [quelli che addestrano gli algoritmi dei sistemi come ChatGPT]. Ricordati di inserire esempi specific. Mantieni il tono leggero e disimpegnato.
Il risultato:
Quello che pensavamo fosse un processo veloce ed efficiente si è rivelato lungo, laborioso e frustrante.
Tra i problemi, l’inserimento di informazioni sbagliate, la trascuratezza su dettagli importanti, certi paragrafi che sembravano uno spot pubblicitario per OpenAI più che una spiegazione accurata.
In generale, ChatGPT ha faticato a trovare un buon equilibrio tra informazioni fattuali, struttura dell’articolo e linguaggio accessibile e spiritoso.
Se ChatGPT fosse un freelance non lo richiamerebbero, concludono in Gizmodo.
Qualche anima bella è convinta che basti dilatare ulteriormente il modello di addestramento per risolvere i problemi.
Una mossa che funzionerà molto parzialmente e, per il resto, lascerà inalterati – se non li accentuerà – i problemi algoritmici.
Se lo proponessero come tecnologia sperimentale che indaga i confini tra uomo e macchina grazie all’apprendimento meccanizzato e a all’elaborazione del linguaggio naturale, ChatGPT andrebbe celebrato con entusiasmo. È un progresso evidente, nella qualità dell’interazione e nell’accessibilità universale della tecnologia.
Invece si approfitta di ogni situazione per calare l’asso dell’intelligenza artificiale in un modo irritante che ricorda il marketing di Intel quando, per continuare a vendere, scriveva che un processore con più megahertz era più veloce di quello prima.
Il problema sta negli algoritmi, non nella base dati, e di progresso da questo punto di vista se ne vede poco. È il peccato originale di ChatGPT, senza soluzioni in vista.
Artificiale, quanto ne vogliamo; di intelligenza, non ce n’è.
Se ne accorgono persino a Gizmodo, che non è esattamente il New Yorker.