Dedico il prossimo quarto d’ora di pausa all’intervista concessa da David Bowie a Jeremy Paxman della BBC.
Sono minuti preziosi perché a un certo punto del 1999 Bowie inizia a parlare di Internet, del suo coinvolgimento, di che cosa significa per tutti, che cosa diventerà.
La rockstar si rivela presciente, preparata, non preoccupata, molto interessata: Internet porterà conseguenze entusiasmanti e terrificanti. Paxman replica è uno strumento e Bowie risponde fermo no, è una forma di vita aliena.
Lo scambio in tema contiene molto di più, in mezzo alle inevitabili parentesi artistiche e di gossip, e merita.
L’uomo e l’artista che, mentre in Italia le aziende consideravano Internet un giocattolo o una moda, si metteva a fare il fornitore di banda – c’è una bella esegesi di Bowienet sul Guardian – vorremmo augurarci di averlo a lungo con noi, se non fosse già partito da tempo per la sua blackstar.
Auguriamoci allora di ricordare la sua lezione specialmente in tempi impegnativi per l’informazione e la convivenza in rete. Tranquillamente, lucidamente conscio delle opportunità e dei rischi, invece di lanciare allarmi dai giornali ha colto le potenzialità del nuovo mezzo espressivo e ne ha fatto occasione di comunicare più e meglio con il proprio pubblico.
Come abbiamo da fare noi, anche ove a sentirci fossero solo i colleghi o i parenti stretti. We can be heroes, ma basterebbe essere tranquilli e lucidi, ragionarci sopra, e muoverci con intelligenza, intesa come comprensione.