Ho qualche amico nostalgico dei tempi eroici dell’informatica, di quando ogni giorno c’era un progresso e si viveva con l’entusiasmo di tutto quello che poteva stare per succedere, anche senza sapere che cosa sarebbe successo. Era un Paese delle meraviglie tecnologico, da abitare con entusiasmo e curiosità. Mentre oggi, è sempre la conclusione, non è più così. Soprattutto, tutto è già stato inventato.
Ho sempre combattuto questa visione delle cose, che prelude alla senilità (del pensiero, il corpo è un’altra cosa) e difatti esistono articoli come quelli di Frederic Filloux di Monday Note dedicate ai piani della cosiddetta Big Tech per espandersi nello spazio.
Filloux, per capirci, scrive su Monday Note in alternanza con Jean-Louis Gassée e non è esattamente uno che passi per caso.
Nel quarto articolo della serie Big Tech, i nuovi Space Invaders si parla di un settore tecnologico del tutto nuovo, anche se i servizi che si vogliono offrire sono sempre quelli e i grandi nomi dell’industria sono già noti a chiunque. Ma si parla in embrione della nuova era spaziale che si avvia a cominciare. La prima, Gagarin, Sputnik, Apollo, Armstrong, è stata l’equivalente degli anni cinquanta dell’informatica, con le schede perforate e le valvole termoioniche. La prossima, SpaceX e tutto il resto, equivarrà all’informatica dei primissimi anni settanta.
Vale a dire che inizieremo a vederne delle belle e anche la tecnologia digitale attraverserà passaggi piuttosto interessanti, per chi saprà vedere oltre la superficie dei banali contratti di cloud o di noleggio satelliti.
Le previsioni di Arthur Clarke e altri personaggi della fantascienza stanno per iniziare ad avversarsi, solo con qualche anno di ritardo e in forma più articolata. L’epoca delle meraviglie sta per tornare, solo un po’ di pazienza e – sempre – di curiosità.
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