Al Evans, diciassettenne di Austin, era sopravvissuto a un pauroso incidente di auto che lo aveva lasciato con ustioni gravi sul settanta percento del corpo.
I medici gli davano scarse probabilità di arrivare vivo ai trent’anni ed Evans decise di fare qualcosa per lasciare un segno: programmare un videogioco.
Fu così che, nel 1985, uscì Cap’n Magneto per Macintosh. Un gioco innovativo su molti versanti, per la trama, le modalità di gioco, la grafica, i controlli. Senza un Macintosh non avrebbe potuto essere quello che è stato.
Avanti veloce al 2020, quando un messaggio su Facebook lamenta l’impossibilità di… vincere Cap’n Magneto.
Il gioco era uscito come shareware e conteneva un meccanismo che permetteva di completarne l’esperienza solo a chi lo aveva pagato. Il pagamento era curato da Kagi, al tempo una istituzione in materia. Kagi ha chiuso i battenti nel 2016 e da allora è stato impossibile pagare la somma necessaria a sbloccare il gioco. Che però godeva ancora di almeno un estimatore.
Sulla pagina di Cap’n Magneto è stato allora aggiunto un account da usare per sbloccare il gioco e portarlo a termine, gratuitamente. Da Al Evans in persona, ancora vivo a dispetto delle previsioni dei dottori e nella terza età di una vita piena di interessi e passioni, una soddisfacente carriera di piccolo imprenditore, un matrimonio duraturo.
Cap’n Magneto ha visto una versione Carbon che lo ha fatto arrivare funzionante su Mac OS X, ma per funzionare sui sistemi odierni ha bisogno di una emulazione.
Non possiamo sapere se Cap’n Magneto continuerà a vivere anche oltre il suo autore; di certo averli entrambi ancora vivi, dopo tanti anni, scalda il cuore e racconta una storia commovente di programmazione che aiuta a superare una situazione difficile. Lunga vita al capitano.
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