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Dal mondo Apple all'universo digitale, in visualizzazione rapida dell'ovvio

17 nov 2020

Nativi e selvaggi

Mi si scuserà se insisto sul tema di M1. Forse qualcuno ricorderà i tempi in cui Apple aveva perso la strada dell’innovazione. Non succedeva niente, secondo i detrattori. Qui, sembra che succedano cose, perché i detrattori si agitano a far sembrare il moto browniano una processione.

Succede che appaiono test di prestazioni sempre nuovi e adesso si legge che Rosetta 2, l’emulazione per le app Intel, batte nei test Geekbench single-core gli altri Mac.

È selvaggio, per riprendere il tweet di Siegler, persino scriverlo: una applicazione Intel emulata su M1 va più veloce in single-core della stessa applicazione in esecuzione nativa su un Mac Intel.

Lo so quello che sta per arrivare. I test di velocità sono come giocare a chi fa la pipì più lontano, ci sono situazioni in cui l’uso di un solo core del processore non avviene e le prestazioni multi-core non sono altrettanto competitive eccetera eccetera. Lo so perché ho fatto un giretto su Facebook e tutti i circoli dei so-tutto traboccano di questi pareri.

Sono i pareri di quelli che ieri, quando usciva il nuovo processore Intel, si fiondavano su Geekbench a emozionarsi con i guadagni in prestazioni. E vabbeh, se non altro inizia a essere più chiaro che i benchmark non sono la vita reale. Quando Mac aveva processori inferiori, lo scrivevo sempre. Lo scrivo anche oggi.

Ma non è il punto. Il punto è che i so-tutto sapevano che l’emulazione Intel sarebbe stata inaccettabile, troppo lenta, impossibile da adottare a cuor leggero per il professionista, il power user, l’utente evoluto.

Ora che i benchmark raccontano una storia diversa, che l’emulazione è certo una emulazione ma è competitiva, mi dicono che i benchmark non contano niente.

Ne sono anche abbastanza convinto. Ma loro, su che dati si basano? Chiedo per un amico.

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