Capita che Apple si apra in modi impensabili ai tempi Steve Jobs. È il caso di Come Apple si è organizzata per innovare, articolo su Harvard Business Review cofirmato da Joel Podolny, rettore di Apple University, la struttura voluta proprio da Jobs per preservare lo spirito, l’organizzazione e le regole che contribuiscono al successo dell’azienda.
Qualche anno la stessa Apple University era un mezzo segreto. Oggi Podolny illustra in chiaro dettagli del funzionamento dell’azienda che, pur non strategici e già in qualche modo conosciuti, non erano mai stati mostrati a questo livello di trasparenza.
Il quadro che emerge è di un’eccezione a livello decisionale e strutturale; il motivo per il quale è sciocco considerarla un’azienda come tutte le altre. Le altre, quando raggiungono dimensioni comparabili, se non lo erano già assumono una struttura manageriale centrata sui prodotti, dove comandano manager a capo di divisioni di esperti, incaricati di portare sul mercato prodotti che hanno una gestione autonoma di profitti e perdite e spesso rivaleggiano – attraverso i rispettivi manager – con altri prodotti per conquistare le risorse messe a disposizione dalla società.
Apple invece ha una organizzazione funzionale, qualcosa che accade tipicamente nelle realtà più piccole e, unica nel suo genere, con Steve Jobs è rimasta tale anche quando le dimensioni si sono fatte immense. Organizzazione funzionale significa che la struttura segue la strategia: non esiste una divisione Mac, ma una divisione hardware, che si occupa naturalmente dell’aspetto hardware dei Mac quando occorre e di iPhone, tv eccetera. Al software dei Mac pensa la divisione software. Gli ingegneri non si occupano dei prezzi del prodotto, i finanziari sanno nulla dell’ingegnerizzazione del prodotto stesso.
I Vice President, che rispondono a Tim Cook, e i Senior Manager, che rispondono ai Vice President, sono _ a confronto con altre situazioni_ pochi rispetto alle strutture che dirigono. Una regola spiega che devono conoscere i dettagli dell’organizzazione del proprio team fino almeno a tre livelli gerarchici più in basso. Dopo un esperimento fallito nel 1997, non si chiamano più manager a gestire le aree di competenza, ma esperti; si ritiene che sia più facile formare un esperto in modo che sappia anche fare il manager invece di chiamare un manager e poi farlo diventare un esperto nel suo ramo. I manager di Apple hanno piena contezza del lavoro che svolgono i loro sottoposti.
Questo fa sì che i manager siano molto addentro allo sviluppo dei prodotti, ne sappiano delle fasi di produzione e delle specifiche tecniche e a volte scatenino epiche battaglie decisionali sopra una funzione, una opzione, un comando, che impongono il setaccio di innumerevoli particolari minuti e tuttavia presenti in fogli di lavoro, documenti di progetto, email. Il team che si prende rischi rispetto allo sviluppo di nuove funzioni e ottiene successo rafforza la propria reputazione interna, o all’opposto la perde se le cose vanno male.
Da tutto questo viene l’attenzione talvolta maniacale ai dettagli. L’articolo fa l’esempio degli squircle, gli angoli arrotondati dello hardware (iPad, iPhone, Mac, watch, tutti). La curva di arrotondamento non è affatto un cerchio come può sembrare a prima vista, ma presenta aggiustamenti che migliorano la resa all’occhio.
La cosa interessante di tutto questo è che conoscere il funzionamento interno di Apple aiuta a capire il perché di certe decisioni e a sgonfiare numerose polemiche sul web che partono da una netta ignoranza di come, appunto, procedano le fasi di sviluppo di un prodotto fino al suo arrivo sul mercato. Apple non è un’azienda come le altre e i suoi prodotti sono diversi dagli altri, espressione del fatto che non dipendono da una struttura aziendale dedicata.