Commenti a profusione sulla notizia che gli scienziati cambiano i nomi ai geni per non farseli convertire a tradimento da Excel.
Zero commentatori a soffermarsi sul fatto che la notizia si basa su uno studio del 2016, di cui si parlò persino qui, dunque in abbondanza. Siamo tutti assuefatti al sovraccarico informativo e si vede. Forse dovremmo diffondere un link in meno, rileggere prima di commentare, guardare una pagina concentrati oppure saltarla, se l’esito finale è identico.
Memento: il lato deteriore delle ricerche sull’intelligenza artificiale ha portato a Gpt-3, terza edizione di un sistema di generazione di linguaggio naturale candidato a eliminare la figura di chi scrive sul web per routine.
Il software è predestinato a soppiantare l’uomo nelle attività non creative e scrivere news rafferme è decisamente una di queste. L’uomo deve farsi trovare all’appuntamento preparato; leggere a cervello spento significa solo che ci si nutrirà di deepfake testuali. Consiglio di evitarlo.
Parlando di intelligenza artificiale, siamo fortunati che ci sia almeno una Apple a lavorare a software (pseudo)intelligente capace di potenziare l’umano invece che prenderne il posto. Invece di perdere tempo con le riesumazioni di The Verge, che stavolta ha perso punti di brutto, dedichiamoci piuttosto alla ricca intervista di John Giannandrea, responsabile Apple per il machine learning, ad Ars Technica.
Da leggere con intenzione, o ignorare. Capisco che il tempo sia poco e l’attenzione razionata tra diecimila cose. Ma non esiste realmente una via di mezzo tra leggere e non leggere.