Si conosce la mia refratterietà agli amarcord e alle rievocazioni. Però Blue Bottazzi è stato squisito nel farmi avere una copia di Apple Lovers - Il futuro non è mai come te lo saresti aspettato e il minimo era leggerlo.
L’ho fatto con gusto. Come amarcord è ben fatto. La raccolta di testimonianze è complessivamente notevole e gradevole nel risultato.
Dopo essermi girato nel letto più a lungo del previsto – ecco perché pubblico ora – ho preso un impegno con me stesso di non fare annotazioni personali in quanto quasi tutti gli autori – a parte Carolina, la figlia di Blue – sono, lato mio, miei amici. Qualcuno di loro avrà da ridire; forse non ci siamo mai visti e ci siamo solo scritti, o non ci vediamo da anni, oppure la pensiamo diversamente, metti che non sappia scrivere benissimo, può darsi che abbiamo interagito solo per un momento in cent’anni, non mi interessa. Per l’esperienza che ho di loro, sono amici.
È importante questo anche perché il libro non è corale; è piuttosto una jam session, con un tema che si svolge e intorno ottimi assoli da parte di musicisti con tante idee e tanto vissuto, anche in tema Apple. Ce ne sono più riusciti di altri ed era anche ovvio, quali siano lo lascio al lettore.
C’è dentro tanta vita nel libro. C’è il racconto di un’epoca in cui l’arrivo della tecnologia, avrebbe detto Gaber, ci ha sconvolto la vita, positivamente ed entusiasticamente in queste pagine. C’è il racconto di come attorno ad Apple persone siano cresciute, abbiano trovato una strada o ne abbiano aperta una diversa, abbiano vissuto una vita piena e a tratti meravigliata, con svolte e occasioni davvero irripetibili.
Gli assoli personali si innestano su una linea ritmica che, quasi in punta di piedi, riassume capitolo dopo capitolo la storia della nascita dell’informatica personale e particolarmente quella di Apple in Italia. Domani un tesista potrebbe sceglierla, perché c’è tutto in forma sintetica. Ho colto probabilmente qualche inesattezza veniale; ma un tesista tipico non se ne accorgerebbe e neanche i professori.
È giusto che manchino i particolari nella dorsale del libro perché questi si trovano, saporiti, nei racconti individuali. Per parafrasare Star Wars, l’aneddotica scorre potente in queste persone. C’è anche una diversificazione notevole nei cammini di vita che si sono intersecati attraverso Apple. Chi lo aveva in famiglia, chi vendeva, chi scriveva, chi programmava, chi ne ha fatto una scelta per informatizzare la professione; un campionario di esperienze che affonda a piene mani nel passato ed è attualissimo. Le comunità, le piattaforme, le scelte difficili, le delusioni e le conquiste, la vita.
Una cosa che altri libri non hanno è la voce da dentro Apple. Chi ci ha lavorato, in una posizione di confronto quotidiano con l’impatto di Apple sul mondo esterno, può contribuire all’aneddotica di cui sopra in modo ancora più speciale. Niente spoiler qui, va letto, merita.
Alcune narrazioni si distaccano dall’esperienza e si fermano volutamente a un vissuto dove, da un certo punto in poi, le cose sono cambiate. Il mondo Apple non è più stato lo stesso, smanettare ha cambiato significato, la tecnologia ha smesso di essere fattore di sconvolgimento per diventare quotidianità che tende a somigliarsi quotidianamente. Da una parte è chiaro che, se un Macintosh del 1984 ti ha cambiato la vita, è difficile che il trentacinquesimo Macintosh del 2020 te la cambi allo stesso modo. Dall’altra rimane insoluto in alcuni passaggi l’intrico tra la nuova normalità di Apple e la nuova normalità di sé. A volte è Apple che non è più la stessa, a volte è l’autore che guarda con occhi diversi dai vent’anni e sarebbe stata una bella occasione per risolvere la dicotomia, che solo qualcuno ha colto. Anche qui sarà chi legge a giudicare.
Un’altra cosa che avrei preferito sarebbe stato un maggiore aggancio da quel passato a questo presente. L’impressione generale è quella dell’album dei ricordi, che si chiude e appartiene chiaramente allo ieri, ma ha un legame debole o inesistente con l’oggi. Album dei ricordi potentissimo e però quella copertina di chiusura io non l’avrei messa, opinione del tutto personale. Gli album dei ricordi finiscono a prendere polvere, questo dovrebbe rinfrescarsi tutti gli anni.
Una critica vera, su cui mi piacerebbe che Blue si impegnasse per avere un libro ancora più godibile. Apple Lovers è appunto pieno di aneddotica altrimenti introvabile e riesce nel portare l’attenzione anche su esperienze di quel passato che non sono proprio di pubblico dominio, come eWorld, AppleLink, certi dietro le quinte di Apple Italia o di macchine che pochi hanno maneggiato. È invece povero di foto, schermate, illustrazioni. La persona che ha vissuto il periodo e compra il libro per riviverlo lo farà comunque. Quella che compra il libro per scoprirlo, quel passato, magari innamorarsene o volerlo approfondire, non lo so. Dovrà immaginarsi come era uno schermo cinquecentododici per trecentoquarantadue, come era Dark Castle, com’era uno schermo di Newton. L’iconografia non è all’altezza della narrazione ed è un peccato. Non dirmi che trovi tutto su Internet; allora tanto valeva fare un sito con un milione di link qua e là. E visti gli autori in copertina, neanche è vero che trovi tutto su Internet.
La jam session è stata piacevole. Come tutte le jam session ha i passaggi di transizione, di collegamento tra una bella idea e un’altra. Le belle idee in Apple Lovers valgono il prezzo del biglietto e, la prossima volta, lo rileggo assieme a una birra. Un giorno capiterà anche con qualche autore.