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Dal mondo Apple all'universo digitale, in visualizzazione rapida dell'ovvio

8 lug 2020

Rectilineo collo

Invece di uscire da una storia di tre anni con un tipo, come cantava Elio, vengo da un mese di utilizzo esclusivo di iPad Pro per lavoro. È successo altre volte, ma questa è stata speciale: per la prima volta ho sentito di tirare il collo alla macchina. Con i Mac sono uno specialista e, se esistesse una certificazione, me la darebbero honoris causa; su iPad Pro doveva ancora succedere.

È un attestato di soddisfazione, eh. Vuol dire che in un qualche senso abbiamo raggiunto una comunanza di sentire, l’apparecchio è diventato davvero wheels for the mind come si diceva tanto tempo fa, l’amplificatore di intelligenza. Sudavo, l’adrenalina correva tra le scadenze e le difficoltà intrinseche del lavoro; davo fondo alle migliori energie per arrivare all’obiettivo e lui pure.

A seguito dell’esperienza (a lieto fine), tornato alla scrivania di Mac, mi sento vagamente più titolato a scrivere due righe sulla differenza tra le altrettante due macchine, o meglio: di che cosa, ora che sono davanti a un Mac, sentivo la mancanza.

Prima di ogni altra cosa, lo so che mi ripeto ma Rich Siegel (forse) non mi ascolta: mi manca BBEdit. Ci sono soluzioni ottime su iPad, molto migliori di anni fa. BBEdit però è un’altra cosa.

I comandi da tastiera. Sono aumentati, non abbastanza. Ho le mie perplessità sul trackpad per iPad e e le tengo, in direzione ostinata e contraria. Sulla tastiera non c’è discussione; quando ne metto una davanti a iPad, diventa parte integrante della macchina e voglio poterci scaricare tutta la mia megalomania. Dominio completo della macchina, i polpastrelli devono poter volare tra i tasti, per ore se richiesto.

La fluidità tra le app. Cambiare dinamicamente e continuamente applicazione si fa, funziona, c’è multitasking, c’è perfino il drag and drop. MacOS, comunque, ha dieci anni di sviluppo in più e quando si corre a pieno ritmo la differenza c’è.

Il Terminale. Questa era facile, lo so. Non che manchino soluzioni, come a-shell per esempio. Non voglio soluzioni, però; sembra che rispondano a un problema. Il Terminale non è una soluzione, non esiste un problema. Il Terminale è un modo di pensare.

Sembra poco. L’elenco è più lungo, però da qui in poi si fa più complesso.

Un esempio è Apple Pencil. Non ho una Apple Pencil e ho vissuto benissimo senza. In questo tendere al limite, beh, per spremere al massimo un iPad Pro ci vuole una Apple Pencil. Mi è mancata. La parte sottile e perigliosa del ragionamento è che si può spremere al massimo un Mac senza una Pencil, ma questo non è un minus di Mac. Per un iPad, Apple Pencil è un accessorio naturale, come la tastiera di cui parlavo sopra.

Un altro esempio è iCloud Drive, che tira matta una intera popolazione di persone. Sono solidale con loro e non voglio sottovalutare le lacune del sistema; questo detto, nella mia esperienza a rotta di collo ho dovuto creare una pletora di file, con app diverse, e gestirli in modo organizzato. L’ho fatto in iCloud Drive come si deve fare su iCloud Drive, invece di trattarlo come il Finder dei poveri. Ho avuto zero problemi. iCloud Drive è robustamente inferiore al Finder e non si può neanche iniziare un confronto. Nemmeno per lamentarsi; iCloud Drive va usato in modo diverso e, per quanto possa abbondantemente migliorare, non mi ha fatto sentire la mancanza del Finder.

Potrei scrivere un elenco simmetrico: cose di cui sento la mancanza su Mac. Il punto non era fare una classifica, quanto rendermi conto – con più cognizione di causa, grazie allo scriverne – delle reali differenze tra le due macchine. Lo schermo touch, per dire, è una differenza piuttosto evidente, solo che non conta. Altre, invece, si sentono.

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