Invece di uscire da una storia di tre anni con un tipo, come cantava Elio, vengo da un mese di utilizzo esclusivo di iPad Pro per lavoro. È successo altre volte, ma questa è stata speciale: per la prima volta ho sentito di tirare il collo alla macchina. Con i Mac sono uno specialista e, se esistesse una certificazione, me la darebbero honoris causa; su iPad Pro doveva ancora succedere.
È un attestato di soddisfazione, eh. Vuol dire che in un qualche senso abbiamo raggiunto una comunanza di sentire, l’apparecchio è diventato davvero wheels for the mind come si diceva tanto tempo fa, l’amplificatore di intelligenza. Sudavo, l’adrenalina correva tra le scadenze e le difficoltà intrinseche del lavoro; davo fondo alle migliori energie per arrivare all’obiettivo e lui pure.
A seguito dell’esperienza (a lieto fine), tornato alla scrivania di Mac, mi sento vagamente più titolato a scrivere due righe sulla differenza tra le altrettante due macchine, o meglio: di che cosa, ora che sono davanti a un Mac, sentivo la mancanza.
Prima di ogni altra cosa, lo so che mi ripeto ma Rich Siegel (forse) non mi ascolta: mi manca BBEdit. Ci sono soluzioni ottime su iPad, molto migliori di anni fa. BBEdit però è un’altra cosa.
I comandi da tastiera. Sono aumentati, non abbastanza. Ho le mie perplessità sul trackpad per iPad e e le tengo, in direzione ostinata e contraria. Sulla tastiera non c’è discussione; quando ne metto una davanti a iPad, diventa parte integrante della macchina e voglio poterci scaricare tutta la mia megalomania. Dominio completo della macchina, i polpastrelli devono poter volare tra i tasti, per ore se richiesto.
La fluidità tra le app. Cambiare dinamicamente e continuamente applicazione si fa, funziona, c’è multitasking, c’è perfino il drag and drop. MacOS, comunque, ha dieci anni di sviluppo in più e quando si corre a pieno ritmo la differenza c’è.
Il Terminale. Questa era facile, lo so. Non che manchino soluzioni, come a-shell per esempio. Non voglio soluzioni, però; sembra che rispondano a un problema. Il Terminale non è una soluzione, non esiste un problema. Il Terminale è un modo di pensare.
Sembra poco. L’elenco è più lungo, però da qui in poi si fa più complesso.
Un esempio è Apple Pencil. Non ho una Apple Pencil e ho vissuto benissimo senza. In questo tendere al limite, beh, per spremere al massimo un iPad Pro ci vuole una Apple Pencil. Mi è mancata. La parte sottile e perigliosa del ragionamento è che si può spremere al massimo un Mac senza una Pencil, ma questo non è un minus di Mac. Per un iPad, Apple Pencil è un accessorio naturale, come la tastiera di cui parlavo sopra.
Un altro esempio è iCloud Drive, che tira matta una intera popolazione di persone. Sono solidale con loro e non voglio sottovalutare le lacune del sistema; questo detto, nella mia esperienza a rotta di collo ho dovuto creare una pletora di file, con app diverse, e gestirli in modo organizzato. L’ho fatto in iCloud Drive come si deve fare su iCloud Drive, invece di trattarlo come il Finder dei poveri. Ho avuto zero problemi. iCloud Drive è robustamente inferiore al Finder e non si può neanche iniziare un confronto. Nemmeno per lamentarsi; iCloud Drive va usato in modo diverso e, per quanto possa abbondantemente migliorare, non mi ha fatto sentire la mancanza del Finder.
Potrei scrivere un elenco simmetrico: cose di cui sento la mancanza su Mac. Il punto non era fare una classifica, quanto rendermi conto – con più cognizione di causa, grazie allo scriverne – delle reali differenze tra le due macchine. Lo schermo touch, per dire, è una differenza piuttosto evidente, solo che non conta. Altre, invece, si sentono.