Chi si ricorda che Apple basava troppo del proprio fatturato su iPhone e che quindi rischiava la dannazione una volta sparita la gallina dalle uova d’oro, ha avuto la conferma che si trattava di aria al vento. Nell’ultima relazione trimestrale, iPhone è passato dal cinquantasei al quarantotto percento del business aziendale.
A year ago, iPhone revenues were 56% of Apple’s Q3 revenues. This year they are 48%.
— MacJournals.com (@macjournals) July 30, 2019
Niente fuoco eterno, perché il fatturato, per quanto di un banale uno percento, è cresciuto.
Le altre attività strategiche di Apple hanno di conseguenza guadagnato spazio e importanza. Ricordiamo, sono quelle che Apple trascura mentre pensa solo a iPhone. Eppure, misteriosamente, giocano un ruolo più significativo di prima.
Una volta l’azienda era quella che faceva solo Macintosh; una gamba sola. Effettivamente rischiava.
Oggi le gambe sono cinque: iPhone, i Servizi, Mac, iPad e il Resto (AirPods, watch, tv). Notare che la terza gamba in ordine di importanza è Mac, quella che Apple trascura da anni con effetto della fuga di professionisti eccetera eccetera. Se la si vuole vedere dalla parta opposta, si può naturalmente sostenere che Apple pensi solo a iPhone e Servizi e trascuri Mac. C’è sempre un modo di travisare i fatti.
La sostanza è che Apple è rimarchevolmente in salute e gioca bene in settori che crescono ma anche dove c’è una contrazione o una saturazione. Chi ragiona per quote di mercato o per andamenti delle vendite capisce nulla di quello che accade. Come corso accelerato, suggerisco la lettura di Jean-Louis Gassée:
[Il declino nella vendita di iPhone] è il segnale di un business in maturazione ordinata che trae vantaggio dagli effetti di rete generati dal proprio ecosistema.
Se poi si vuole pensare che Gassée sia un fanboy o uno yes-man al soldo di Apple, vabbeh, vale tutto.