Che l’ottantacinque percento degli apparecchi iOS in circolazione sia aggiornato all’ultimissima versione del sistema fa poca notizia è dovrebbe farne di più. Lo trovo un dato incredibilmente positivo.
L’argomentazione viene di solito liquidata parlando come se le persone fossero di fatto costrette ad aggiornare.
È certamente vero che un iPhone tirato fuori dalla scatola tenda ad aggiornarsi e occorra una azione esplicita per impedirlo. Però poi bisogna incrociare il dato con quello della soddisfazione, la customer satisfaction. iPhone è sempre a livelli altissimi, al secondo posto quando non è al primo. iPad è senza confronti.
Non si è costretti ad aggiornare iOS; quandunque lo si fosse, va considerato che farlo è soddisfacente.
Chi parla dell’obbligo vive su un altro pianeta, orribilmente frammentato, che crea incubi agli sviluppatori e dove spesso l’aggiornamento neppure esiste: il terminale costa talmente poco che resta programmaticamente come nasce per l’eternità, con tutto quello che ne segue in soddisfazione, compatibilità, sicurezza. Il dato di iOS 11 è 5,8 volte superiore a quello di Android Oreo, corrispettivo di iOS 11.
Ogni tanto si incontrano persone che rivendicano una libertà di non aggiornare, perché Snow Leopard, perché sto due anni indietro, e che possiedono; basta non aggiornare. In un mondo dove miliardi di altri non sanno nemmeno che sarebbe meglio farlo e comunque non potranno. Almeno fino a quando raddoppiano la cifra spesa e prendono un nuovo modello che costa poco e non potranno aggiornare ugualmente, però almeno è nuovo.
È come se incontrassi qualcuno che rivendica la libertà di vivere per sempre nel 2008, o nel 1998. Degli Amish in piccolissimo, che si oppongono al tempo che passa e al flusso della vita.
Rispetto molto e ammiro la forza d’animo. Personalmente preferisco cogliere il frutto che pende dall’albero di Aggiornamento Software e godermelo fino al prossimo. Carpe iOS.