Qualche sfumatura che vorrei sottolineare all’indomani dell’ evento Apple dedicato all’education tenutosi l’altroieri a Chicago.
I commentatori ne hanno per lo più sottovalutato l’importanza per ridurlo al consueto scontro commerciale, questa volta tra gli apparecchi Apple e i Chromebook di Google. Che sono più somiglianti a un computer, costano meno, contengono le applicazioni di Google e sono tanto semplici da usare.
Qui la prima novità. Apple, che poteva benissimo presentare un MacBook fatto apposta per competere con i Chromebook, ha presentato un iPad fatto apposta. Soprattutto ha smontato l’idea classica del computer a scuola con il word processor, il foglio di calcolo e il modulo per le presentazioni. Servono, eh; però ragazzi a scuola nel 2018 vogliono realtà aumentata, appunti a matita elettronica, foto, video, leggerezza.
La seconda novità è che Apple poteva benissimo parlare con le scuole, un interlocutore magari più intransigente, eppure più semplice per arrivare a forniture e contratti. Invece sì è rivolta agli insegnanti, l’ultimo anello della catena, persone che spesso neanche possono decidere da sole che cosa usare in classe,
Chiaramente parliamo di un’idea che vuole portare a fare vendere iPad. Però il richiamo emozionale, l’ho trovato persino sincero per quanto comunicato da un’azienda.
La Apple migliore è quella dei prodotti che si vendono come conseguenza prima che come necessità. È quando scrivono We love teachers e suona plausibile.