Sono un fautore dell’intelligenza artificiale forte, da quando ho consumato le notti di un’estate a leggere Gödel, Escher, Bach: An Eternal Golden Braid. Tuttavia mi indispone la piega odierna che ha preso la disciplina, tutta presa a sviluppare l’artificiale con nessuna attenzione per l’intelligenza.
I progressi del machine learning sono straordinari, ma le macchine non sanno perché lavorano, né se abbia un senso o sia una perdita di tempo e nemmeno quale sia l’obiettivo.
A confortarmi, questa presentazione Ted di Tom Gruber dedicata a quella che lui ha chiamato humanistic AI. Non più la domanda come rendere le macchine più acute? e al suo posto la domanda come rendere più acuti noi grazie alle macchine?.
Un esempio illuminante: un’intelligenza artificiale capace di diagnosticare correttamente il cancro nel 92,5 percento dei casi, quasi brava come gli oncologi umani, che riescono a diagnosticare correttamente novantacinque volte su cento. Il punto di migliorare la prestazione della macchina non è superare l’oncologo: è supportarlo. L’uomo e la macchina, insieme, centrano la diagnosi il 99,5 percento delle volte.
Meraviglioso il discorso sulla memoria: una intelligenza artificiale che aiuti ciascun umano a tenere nota di quello che, per età, distrazione o malattia, il suo cervello fatica a reperire tra un neurone e l’altro. E che sia sicura e privata, perché ciascuno dovrebbe avere la possibilità di scegliere quali ricordi possono diventare pubblici e quali invece no.
Siamo sempre lì, all’ incrocio tra tecnologia e arti liberali, il vero autentico grande lascito di Steve Jobs.
Non importa dove lavori Tom Gruber e a che cosa; voglio più gente come lui e con idee come quelle che manifesta.