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Dal mondo Apple all'universo digitale, in visualizzazione rapida dell'ovvio

15 mar 2015

Trentotto usi orari

Rob Griffiths, ex Macworld, ha meritoriamente compilato un foglio di calcolo con tutte le varianti possibili di Watch.

La cosa straordinaria di tutta questa varietà – trentotto modi di indossare watch – è che contrasta clamorosamente con tutto il resto del catalogo Apple. I modelli nuovi di iPhone sono una manciata, come quelli di iPad. Al netto della personalizzazione prevendita, i Mac sono pochi; di Apple TV ce n’è una sola, come c’è un solo iOS e un solo OS X (Server è una app).

La maggior parte degli occhi è puntata su quanto costano i modelli dorati o sulle chiacchiere a proposito dell’autonomia. Pochi si rendono conto del movimento in controtendenza di Apple: una Samsung (e qualsiasi altra azienda nel settore) pubblica vagonate di smartphone diversi e pochissime varianti di orologi.

Chiedersi il perché. La risposta: come iPhone ha inaugurato l’epoca post-PC, watch inaugura quella dell’informatica postindustriale. C’è una sottile differenza tra saturare il mercato di prodotti per intercettare più domanda possibile e offrire ampia varietà di personalizzazione al singolo, primo passo verso il traguardo di costruire per ciascuno il suo prodotto, dalla completa individualizzazione.

Se watch viene eseguito bene e riesce, il tavolo delle regole del mercato verrà nuovamente ribaltato, come era già accaduto con iPhone. Ah, questa Apple che ha smesso di innovare.

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