La tesi sottostante l’ articolo recentemente pubblicato da Phil Nichols su The Atlantic è che esiste un momento di apprendimento in cui si segue il maestro e un altro momento di apprendimento per così dire sovversivo, nel quale si acquisisce conoscenza mediante l’uso non ortodosso degli strumenti a disposizione.
Ed è anche molto condivisibile, tutte le volte che si smonta qualcosa o si cercano nuove strade di utilizzo si impara moltissimo.
Però poi arriva a scrivere che le tecnologie educative dovrebbero somigliare più alle calcolatrici grafiche che non agli iPad. I quali sarebbero chiusi, impossibili da programmare, meno adatti a essere “smontati”. Quando invece l’autore, da giovane, si era appassionato alla sua Texas Instruments che alla fine riusciva persino a eseguire giochi.
L’articolo prosegue su questa falsariga e dice cose molto condivisibili in senso generale.
Però sugli iPad proprio non ci siamo. Mica per difendere iPad, ma perché i tempi sono cambiati. Non voglio fare per l’ennesima volta l’elenco delle app con cui si può programmare su iPad (uno su tutti, Editorial, che non è neanche il punto).
Con un iPad, a parte ogni altra considerazione, posso scrivere web app di potenza inaudita, capaci di funzionare su miliardi di browser. Ne facciamo ancora un problema di poter vedere la cartella home, se l’obiettivo è imparare? Prova a scrivere una web app con una calcolatrice grafica.
Per non parlare del fatto che su iPad girano numerose app che lo trasformano in… calcolatrice grafica ed esiste Sage.
Non è un argomento che si possa affrontare decentemente esordendo con ai miei tempi…