Ogni tanto si parla della crisi dell’informazione, del futuro dell’editoria, o forse era il contrario.
Sarà un caso che il quotidiano britannico Guardian abbia sfoderato una app coi fiocchi per consultare il proprio sito e sia stato il primo a prevedere una formula di abbonamento (a 5,49 euro annuali, per la cronaca) su App Store, cosa che gli altri ancora non sono arrivati a realizzare?
Può darsi. Metti che abbiano avuto una pensata. La app, essenziale per chi la scarica gratis e fantastica per chi paga, è ottima e tra l’altro permette di consultare il sito anche offline, con video esclusivi e abbondanza di materiale di prim’ordine.
Poi si scopre che tra le teste che albergano nella redazione c’è gente che ha raccolto in fogli di calcolo tutti i dati pubblicati dal Guardian negli ultimi due anni. E che per accedere a tutti i dati pubblicati dal Guardian negli ultimi due anni basta collegarsi a una pagina. E alla fine tutti i fogli sono linkati a un foglio univoco.
Questo è giornalismo, questa è informazione, questa è qualità, questo è servizio.
Scommetto che il Guardian non soffrirà le pene che stanno soffrendo tante altre testate. O ne soffrirà molto meno.
Gli altri, che tagliano i costi all’impossibile pensando solo a quelli, sono spacciati. Competere con il riciclo usa e getta dei siti-spazzatura su Internet è perdente in partenza, senza la qualità.