Si è parlato nei giorni scorsi di velocità di avviamento di Mac OS X e di Windows, con Apple che sostiene di avere ridotto i tempi di boot fino al 50 percento da Leopard a Snow Leopard e Microsoft che, per bocca di un ingegnere, ha rispettato l’obiettivo di migliorare del cinque percento tra Vista e Windows 7.
Adesso il fatto che Windows 7 sia più veloce di Vista nel boot viene messo in discussione, da Cnet (secondo i cui test dipende dalla versione e comunque Windows Xp è più veloce) e da Iolo Technologies, azienda californiana i cui esperimenti descrivono un clamoroso peggioramento nei tempi di boot di Windows con il passare del tempo. Interessante anche lo studio sulla diminuzione di reattività e sull’aumento nel tempo di spreco di processore.
Ora però si è creato un grosso equivoco. Il tempo di avviamento del sistema viene infatti impiegato come argomento di marketing e come elemento di valutazione delle prestazioni. Lenovo ha iniziato a reclamizzare boot di Windows 7 fino al 56 percento più veloci e Phoenix Technologies ha mostrato una demo di boot in soli dieci secondi.
Tutto lavoro ragguardevole, ma chi se ne frega? Il mio ultimo uptime è stato di ventiquattro giorni. Se togliessero ipoteticamente due minuti al tempo di boot del mio sistema (che peraltro ci mette molto meno), avrei guadagnato ben cinque secondi di produttività quotidiana. I test di Geekbench mostrano che Snow Leopard guadagna il tre percento di prestazioni globali su Leopard. I secondi in gioco ogni giorno sono molti di più e, qualunque sia il vantaggio di Snow Leopard in termini di velocità di boot, sulle prestazioni complessive è irrisorio.
Guardare al boot in termini di prestazioni è uno specchietto per allodole per chi vende e masturbazione intellettuale per chi compra. Invece ci si deve guardare in termini di rifinitura del sistema operativo. Da come si comporta il software, capisci molto di come ti considera chi lo ha programmato.