Due mesi di relazioni
Mark Gurman di 9to5Mac afferma di avere lavorato per due mesi al suo articolo Seeing Through the Illusion: Understanding Apple’s Mastery of the Media, che svela i retroscena della macchina di relazioni pubbliche Apple.
Mark Gurman di 9to5Mac afferma di avere lavorato per due mesi al suo articolo Seeing Through the Illusion: Understanding Apple’s Mastery of the Media, che svela i retroscena della macchina di relazioni pubbliche Apple.
Leggo sul New York Times.
Per chiudere il discorso proseguito con un programma di sostituzione di batteria di iPhone a proposito di un supposto problema di non tanto vecchi MacBook Pro, guardiamo in casa d’altri.
Non ho fatto apposta a scrivere pochi giorni fa che, in presenza di un difetto riconosciuto e dimostrabile, una multinazionale moderna avvia un programma di sostituzione, non per filantropia ma perché è più conveniente che rischiare il danno di reputazione.
È salita alla ribalta una tavola rotonda di commemorazione di Steve Jobs del 2011, nella quale viene spiegato una volta di più che Xerox contattò Apple per faccende biecamente commerciali e cammin facendo si stipulò un accordo per la quale Apple vendeva proprie azioni a Xerox a un prezzo di assoluto favore e questa in cambio autorizzava le perlustrazioni di Apple dentro i laboratori del Palo Alto Research Center, che molto hanno contribuito alla nascita dell’interfaccia grafica moderna.
Contrariamente a quanto ritenevo, vari personaggi pubblici italiani hanno ritenuto di sottoporsi alla secchiata di acqua ghiacciata contro la sclerosi laterale amiotrofica.
Così ci sono MacBook Pro del 2011 con scheda grafica Amd che accusano problemi se sottoposti a compiti intensi di tipo grafico.
Oramai diventato profondo conoscitore di ciascun metro quadrato del reparto ostetricia, ho qualcosa in comune con l’amministratore delegato di Apple Tim Cook, anche lui di passaggio recente in ospedale.
La sesta versione preliminare di Yosemite non può essere quella buona; è ancora troppo presto.
Storia a lieto fine quasi incredibile quella di Rob Griffiths su Macworld.com, dove un iPhone resuscita a nuova vita dopo avere passato almeno cinque minuti sotto il pelo dell’acqua, appoggiato su un fondale melmoso a tre metri di profondità.