Oggi i giochi stupiscono per profondità grafica e per le mille possibilità aggiunte dall’interazione e dalla rete globale. Una volta stupivano per la profondità della trama, per la vastità dell’azione, per il fascino che evocavano seppure con interfaccia limitata (della grafica neanche parliamo).
Ringrazio
Eugenio Biciclista per la segnalazione.
Il
post di Massimo Mantellini mostra come la scuola di sua figlia abbia bellamente ignorato tutti gli smartwatch in circolazione finora ma, ora che siamo nell’imminenza di
watch, si sia premurata di vietare l’uso degli orologi-smartphone.
Niente di che: la scuola ha una ricca tradizione di divieto di apparecchiature che dieci o quindici anni dopo sono tranquillamente ammesse. E diverse università nel mondo si sono già mosse da tempo per
vietare i computer da polso (mi dicono che non sono computer, però vorrei sapere per quale motivo, non essendolo, li vietano).
Venerdì scorso ho passato la giornata a
IfBookThen 2015. Dalle nove alle quattro a twittare, fotografare (cinquantatré immagini), scrivere, posta e quant’altro.
The Apple Spirit di Andy Hertzfeld, 29 novembre 1988, sul meraviglioso sito Folklore dedicato all’aneddotica sulla nascita di Macintosh raccontata da chi ci ha veramente lavorato.
Una delle cose splendide del mondo open source: un repository contenente un lungo
elenco di grandi giochi del passato e, dove esiste, una replica in software libero del gioco stesso.
Si può leggerla da utilizzatori (bisogna fare un piccolo sforzo per verificare l’esistenza di una versione Mac) oppure da sviluppatori (magari proprio per fare girare su Mac un gioco che non lo fa unicamente per mancanza di risorse).
Oppure da benefattori del software libero. Anche senza sapere programmare, non si ha idea di quanti progetti open source sarebbero più che felici di trovarsi due mani in più a realizzare una versione italiana, oppure tradurre documentazione, o sistemare la grafica, o trovare bug da sistemare. O solo lavorare all’elenco e aggiungere cose che mancano, trovare refusi, arricchire la base dati. Tutto serve.
Storia faziosa ma deliziosa,
pubblicata da Ars Technica, quella del match cestistico tra Chemnitz e Paderborn.
Il lavoro lo ha fatto tutto Jason O. Gilbert di Yahoo:
sedici smartphone che sono stati definiti iPhone killer tra il 2008 e il 2011.
Ho l’imperativo morale di ricordare di tanto in tanto che rientro nel comitato tecnico-scientifico di
LibreItalia e sostenere l’associazione, nonché sostenere
LibreOffice e di conseguenza il software libero (anche attraverso iniziative come
FreeSmug, è una buona cosa per chiunque sia in ascolto.
Ho il sospetto che il vero racconto della storia dell’attuale penultimo amministratore delegato di Apple sia
Becoming Steve Jobs molto più del
tomo di Walter Isaacson.
Un computer senza browser. È quello che sta per succedere, con watch, come nota brillantemente questo
articolo su Medium.
Che cita una
statistica da Flurry: l’86 percento del tempo passato su un apparecchio mobile riguarda le app e solo il 14 percento il browser. In diminuzione rispetto al 20 percento del 2013.
Chi potrebbe essere abbastanza pazzo da pensare a un futuro senza browser? La recente
intervista a Tim Cook su Fast Company suggerisce una risposta: