Per quanto sia ancora largamente incompleto, trovo altrettanto largamente interessante il progetto open source PieMessage che mira a portare la messaggistica Apple su Android.
Incompleto significa che bisogna ancora lavorare sull’invio di immagini e video e che, nel momento in cui si esce dalla sicurezza di iMessage, la sicurezza su Android è zero totale. Queste le lacune più importanti ancora da colmare.
Il sistema in sé è semplice e astuto, già nato mille volte ma sempre come soluzione estemporanea, di rapida estinzione: un apparecchio OS X che funge da server e si preoccupa di inviare agli apparecchi Android i testi che gli arrivano da iMessage.
Una mail di Stefano fa risuonare delle corde cui sono estremamente sensibile.
Esigenze di lavoro mi hanno prima portato negli Stati Uniti e subito dopo in Iran a distanza di pochi giorni.
Paesi molto distanti l’uno dall’altro, non solo in latitudine.
Tra le mille differenze riscontrate, senza toccare le facili derive politiche che nulla hanno a che fare con le persone che incontri per strada, vorrei evidenziarne una: Internet e il suo controllo.
Di test di stress e resistenza sui computer da tasca ne escogitano a bizzeffe, solo che questo è stato standardizzato: è uno speciale macchinario a lasciar cadere al suolo questo o quel modello, in modo sempre uguale e ripetibile. E il computer viene fatto cadere più e più volte fino a quando diventa impossibile effettuare una chiamata di emergenza, per via della rottura dello schermo touch.
I primi due nella classifica dei più resistenti sono un modello di Htc e iPhone 6s, tanto per cambiare.
A proposito del problema di quanti
hanno perso musica a causa di Apple Music o iTunes o ambedue, uno sviluppo doppiamente interessante è che Apple
ha mandato due ingegneri a casa di colui che ha reso pubblico il problema.
Backblaze continua a pubblicare meritoriamente i dati sulla durata dei dischi che acquista per la propria attività di fornitura di backup e io so che tuo cugggino ha comprato un disco l’altro giorno, che gli è morto in mano, e ha giurato di non comprare mai più quella marca che è inaffidabile. Ugualmente, nella scia dei rapporti passati, sono comparsi i dati del primo trimestre 2016, relativi a 61.590 dischi in attività e un miliardo di ore di funzionamento, l’equivalente di centoquattordicimila anni/disco.
Non sono del tutto io a insistere sul tema della intercambiabilità tra iPad e MacBook: è la vita. Dopo
l’esperienza di Doblerto, leggo questa email di Stefano. Lo ringrazio e la pubblico perché dice un sacco di cose che nella loro semplicità dovrebbero esssre banali e invece vanno sostenute a spada tratta come se fossero eresie.
Ricevo in condivisione un documento e mi appresto a lavorarlo su iPad. Siamo nel 2016: ricevo documenti in ogni formato e modalità e iPad lavora con tutto.
Ma questo, attenzione, è un documento OneDrive.
Microsoft, come si legge ovunque, ha cambiato pelle, non è più quella di una volta, supporta tutto e tutti, gli standard aperti, la collaborazione l’open source, cloud first mobile first eccetera eccetera.
Apro il documento da OneDrive e parte Word Online.
Condivido appieno la lunga
analisi di Riccardo sulla cecità degli esperti di tecnologia, specialmente quelli che ne vogliono scrivere, nei confronti della persona media alla quale il computer interessa solo come strumento per fare determinate cose e niente più.
Commentavo l’uscita di Carl Icahn dall’azionariato di Apple parlando di aria più pulita all’assemblea degli azionisti.
Ora leggo che l’azienda di investimenti governata da Icahn si è vista abbassare il rating del debito secondo Standard & Poor’s da BB+ a BBB-.
Secondo cioè la felice sintesi di Business Insider, Carl Icahn è ufficialmente pattume.
Pare che uno dei motivi del downgrade sia dovuto alla scarsa liquidità del gruppo.
Questo spiega meravigliosamente il perché Icahn abbia voluto mettersi in tasca due miliardi di dollari vendendo Apple e si ha l’impressione che le difficoltà di quest’ultima sul mercato cinese (mica per niente Tim Cook è molto attivo a riguardo) c’entrino davvero poco.
Apple ha
confermato a iMore che un numero molto ridotto di utilizzatori di iTunes e servizi come Apple Music si è ritrovato con la propria musica cancellata dal disco locale.