Gente furba, sempre in sella, che conosce la vita. Mica si fanno fregare da quei bastardi di Apple che ti chiedono un rene per un telefono: hanno approfittato di un tre-per-due e hanno acquistato per un tozzo di pane un bellissimo apparecchio Android che costa una frazione di iPhone e fa tutto quello che fa iPhone.
Mando un carattere emoji e il re del mondo non lo vede. Perché fa parte di quel novanta percento abbondante di persone che, per qualunque motivo, non ha il sistema aggiornato.
Un (ennesimo) motivo per cui l’esperienza di Mac è differente da quella di iOS ed è futile applicare uno stesso ragionamento a tutt’e due le piattaforme è la tipologia delle due interfacce.
Mac nasce per essere esplicito al massimo. In principio, tutto quello che è possibile fare con un programma dovrebbe essere visibile studiando la barra dei menu. La cosa va ovviamente presa con un grano di sale, ma è lecito esemplificare così: davanti a un nuovo programma Mac, la cosa migliore da fare è studiarlo.
Nutro una passione, per quanto superficiale, per il linguaggio Lisp e per l’editor Emacs.
Scopro che mi creano una variante di Lisp, con plugin per l’editing in Emacs, di nome Lux.
Non so se inchinarmi grato al gentile omaggio o chiedere i diritti di immagine.
Anche se partire dall’ambiente Java non è un gran che.
Scrive (e ringrazio!) Flavio.
Negli ultimi anni ho avuto modo di collaudare e provare diversi tipi di auricolari per iPhone. Per il tipo di attività che pratico, salgo e scendo dall’auto decine di volte al giorno, ho necessità di togliere e mettere l’auricolare più e più volte.
Ebbene, ne ho provati di tutti i tipi. Con cavo, senza cavo, sportivi, doppi, singoli, di elevata qualità, di scarsa qualità ma dalla forma ergonomica, insomma di ogni.
Una grande sala riunioni presso la sede di via Merano a Milano del coworking Talent Garden, gremita di persone: sviluppatori FileMaker. Età media attorno ai quarant’anni. Perché FileMaker è una piattaforma vecchia? Perché è nato nello stesso anno di Excel? No, sostengo io; perché è – appunto – una piattaforma. Su una piattaforma si arriva, non si nasce. Si nasce sviluppatori, oggi, buttandosi da ragazzini su un linguaggio di scripting, provando a pasticciare su un Raspberry Pi, giocando con Linux, sperimentando i playground di Swift su iPad.
Foto in arrivo da Lorescuba, scattata alle 13:30 di un giorno feriale recente a Milano, da
Princi in piazza XXV aprile, a quell’ora frequentatissimo dalle persone che lavorano in zona.
Dicevo giusto ieri che il decennale di iPhone, sì, è una gran cosa, simpatizzo e ho pure rievocato su Apogeonline la più straordinaria presentazione di prodotto di sempre.
Dopo di che, non mi soffermerei più di tanto.
Per esempio, è recentissimo il pezzo di Horace Dediu di Asymco su iPhone prodotto più venduto di tutti i tempi.
Nel solo 2017, iPhone avrà contribuito a generare fatturato complessivo – tutto ma proprio tutto compreso, hardware, software, servizi, app, accessori – per mille miliardi di dollari.
Vorrei resistere il più possibile alla tentazione di unirmi al coro delle celebrazioni del decennale dell’annuncio di iPhone.
Devo a
Francesco la scoperta di questo fantastico
articolo di confronto tra le mappe di Apple e quelle di Google.
Certamente ci vuole la volontà e altrettanto certamente l’apparecchio, da solo, significa niente. Eppure ho apprezzato il
racconto di Zac Hall su 9To5Mac che è riuscito a perdere più di venti chili da aprile a dicembre 2016 grazie a un proposito del nuovo anno (rotto il quattro di gennaio, ma ripreso successivamente).