Ringrazio molto Andy perché mi ha fatto scoprire un
report interessante di Blancco sull’affidabilità dei computer da tasca. Il documento contiene vari punti interrogativi e ha bisogno di una lettura attenta, tuttavia sembra una realizzazione onesta con vari punti degni di nota. Per esempio, iPhone 6 e 6s sarebbero sensibilmente più propensi a guastarsi degli altri modelli; Samsung ha dati orribili rispetto ai concorrenti e però sta migliorando; eccetera.
Meglio non cercare coperture giornalistiche del report, tuttavia. Ci si imbatterebbe in un
articolo di Bgr che dal report, interessante proprio perché non fa di ogni erba un fascio, rabbercia fuori una patetica storia su un presunto mito della maggiore affidabilità di iPhone su Android che cadrebbe. Storia che ci può stare, se non fosse che il report parla di tutt’altre cose.
Non c’è niente da fare: i resoconti periodici di Backblaze sul funzionamento del loro esercito di dischi rigidi sono una delle letture regolari indispensabili su Internet.
Backblaze si è anche accorta che si tratta di un eccellente sistema per farsi pubblicità e guadagnare reputazione, per cui si impegna a rendere interessante anche nella trattazione numeri che già lo sarebbero per loro conto.
Questo trimestre il tema principale è il
confronto in affidabilità tra dischi consumer e dischi enterprise.
Pochi giorni di polemiche, per lo più sterili, e arriva
l’aggiornamento firmware che sistema la regolazione delle temperature sui nuovi MacBook Pro. Alcuni avevano constatato che le macchine limitavano la potenza del processore a un livello che portava le prestazioni sui livelli del modello precedente.
Il problema, ha spiegato Apple, è nella dimenticanza di una firma digitale. I dettagli non sono stati forniti e le ipotesi più plausibili ruotano attorno all’idea che il chip ausiliario T2, esclusivo di Apple e presente sulle nuove macchine, controlli l’interno del computer attraverso collegamenti cifrati e in assenza di un certificato sbagli oppure ometta operazioni vitali per avere il miglior compromesso tre potenza e temperatura. Apple si è pure scusata:
Colleghi la chiavetta e lanci il software di connessione. Questo apparecchio non esiste, è la risposta. Certo, che sciocco: l’anno scorso ti sei collegato con un Mac diverso.
Bisogna installare un driver aggiornato. Dove stava? Ne avevo parlato in un post. Una ricerca su BBEdit ed
ecco il link. A che serve un blog, se non come archivio delle cose utili?
Allestisci una connessione di emergenza e carichi la pagina. Che non esiste più.
Si potrebbe avanzare critiche a come funzionano i social o su come è la vita, appunto, sociale in rete se si fosse frequentato per un tempo significativo un Mud e familiarizzato con la comunicazione esclusivamente testuale in un ambiente a tema.
Si avrebbe l’idea di che cosa può essere la rete per favorire la comunicazione, anche tra sconosciuti, e la nozione di esistenza di contesti nei quali è possibile la convivenza e anche qualcosa in più.
Nel cercare di obliterare qualsiasi forma di vita software fuori da sé, Microsoft svolse assolutamente il proprio lavoro. Solo che violò le leggi antitrust, strangolò decine di concorrenti invece di offrire prodotti migliori, cercò di appropriarsi di Internet e in generale di farsi il deserto intorno. Cercare di dominare il mondo in sé è legittimo; la slealtà, il gioco sporco, i comportamenti illegali non lo sono. Microsoft non era un problema per quello che voleva, ma per come ci lavorava.
È abbastanza facile condividere
i tre problemi di Apple con iCloud come sono elencati da 9to5Mac:
- i cinque gigabyte gratuiti sono inadeguati rispetto alle necessità normali e appaiono sproporzionati rispetto a quanto spende l’acquirente tipico, che magari è anche di lungo corso ed è al quinto iPhone o al terzo Mac;
- la cifratura dei dati non è completa, end-to-end;
- non è chiarissimo all’utente medio che cosa viene salvato in iCloud e che cosa no.
Il secondo e il terzo punto sono poco interessanti; si chiede ad Apple di applicare cifratura integrale e dare più controllo e informazione sul comportamento in iCloud.
iFixit assegna ai MacBook Pro ultimo modello
un punto su dieci a proposito di riparabilità.
Vivo entro un’ora da un Apple Store, per non parlare dei rivenditori autorizzati, e ho la sensazione che nell’anno 2018 si tratti di qualcosa di sopravvalutato.
Scrivo queste note circondato da giochi per neonati e bambini. Molti di questi hanno un indice di reparabilità simile o forse inferiore; le viti richiedono un cacciavite a sezione triangolare, sono incassate nella plastica ed è probabile che toglierle provochi la rottura di qualche pezzo.
Su App Store
è venuta alla ribalta una app che promuove una teoria cospirazionista detta
QAnon.
È stata levata e senza
intemperanze di rapper.
Per ora
resta su Play Store di Google, il che consente di apprezzare la differenza tra i due mondi.
Questa cosa delle tastiere dei MacBook Pro mi sembra definitivamente scappata di mano, o di polpastrelli.
Con le nuove configurazioni è arrivata anche una nuova versione della tastiera. E tutti a
verificare se veramente è più silenziosa delle precedenti.
Le precedenti tastiere si guastavano più frequentamente dei modelli prima di loro, sicuro. Certamente non è la maggioranza delle tastiere, quella che si guasta. I guasti sono più frequenti, ma la grande maggioranza delle tastiere funziona. Altrimenti Apple non si dedicherebbe a ridurre il rumore, ma vedrebbe di farle funzionare.