Sì, qualcuno sostiene che iPad non sia un vero computer perché non si può usarlo per programmare. O che non si possa programmare su iO ad perché non è un computer.
Esiste un articolo dal titolo iPad Pro come computer principale per programmare, scritto da un backend engineer, ossia uno che lavora tutto il giorno con le mani dentro il cofano del sistema informatico e di programmazione deve occuparsene prima e dopo i pasti.
Un classico del mondo Windows quando si fa notare l’avanzata di Apple nelle aziende è l’alzata di spalle seguita da qualche frase fatta attorno al luogo comune di standard di mercato.
È che un articolo di Computerworld fa a pezzi il luogo comune di cui sopra con una serie di dati e di aziende che non avevo mai visto tutti assieme, a formare un quadro impressionante se si pensa all’irrilevanza che per decenni hanno attribuito ai Mac.
C’è molta sollecitudine nel criticare iPhone X prima che arrivi in vendita e prima che sia stato possibile collaudarlo. Se fosse pieno di difetti sarebbe più che giusto segnalarlo; è bene sapere che lo schermo di un Pixel 2 XL non è il massimo.
Ma appunto, a seguito di una prova con la macchina in mano. Così, sulla carta, somiglia più a sollecitudine di qualche reparto marketing concorrente. Come se gli argomenti a favore dei propri prodotti non bastassero e ci volesse anche del discredito verso quelli degli altri.
A seguito di una ricerca complicata ho finito per aprire su iBooks la raccolta degli ebook pubblicati da Apple.
Non posso dire di essere sorpreso; però bisogna averla davanti per crederci. Vorrei avere davanti quelli che lamentano la mancanza del manuale per dire loro che ce sono a centinaia, in millemila lingue compreso l’italiano, aggiornati.
Poi i testi sulla programmazione, Swift in prima fila.
E l’education, iTunes U, i programmi per gli insegnanti e le scuole.
È davvero una bella e inaspettata lettura l’ articolo di Serenity Caldwell su iMore dedicato ai computer da polso, alias smartwatch, con quadrante piccolo.
C’è anche una tabella superinteressante in fondo.
Il problema è che l’articolo, pure ben scritto, è anche davvero lungo. Così provo a riassumerlo in grande sintesi.
Tante donne, ma anche diversi uomini, hanno un polso piccolo. watch da trentotto millimetri è più piacevole da usare della versione a quarantadue millimetri.
Ho sempre cercato un servizio di speech-to-text decente per trascrivere in forma di testo file audio raccolti durante interviste, presentazioni, podcast.
Eravamo rimasti ai trentaseimila computer da tasca Windows Phone diventati insostenibili per la polizia di New York e sostituiti da iPhone.
Adesso sappiamo che la compagnia aerea Delta cestinerà ventitremila Nokia e quattordicimila Surface a favore di altrettanti iPhone e iPad Pro.
Mentre a New York si è trovato subito il capro espiatorio nella persona del responsabile informatico Jessica Tisch, a livello di Delta non si sa chi abbia preso nel 2014 la luminosa decisione di adottare hardware da buttare tre anni dopo a decine di migliaia.
Rifuggo totalmente da considerazioni politiche in merito al Referendum sull’autonomia lombardo e invito i commentatori a rifuggirne in egual modo.
Voglio invece registrare il fatto tecnologico. Che il sistema sia valido o meno, sicuro o colabrodo, costoso o economico, frega niente da un punto di vista sistemico. È una questione di iterazioni e di contesto; se il colore degli apparecchi fosse sbagliato, domani qualcuno potrebbe rifare la stessa cosa con il colore giusto e la portata dell’avvenimento resterebbe tale e quale.
Pomeriggio trascorso a cercare di installare Archimista su un Mac aggiornato, diciamo così, a Snow Leopard (10.6.8).
Gli sviluppatori, bontà loro, hanno creato unicamente i file eseguibili per Windows; tuttavia persone volonterose hanno redatto una guida all’installazione su Mac. Sì, il software è stato realizzato con componenti open source e la ragione per cui i binari esistono solo per Windows è la pigrizia, o l’incapacità, o la cattiveria, boh.
I dieci passi della guida sono tutti collaudati, solo che sono arrivato a completare il terzo; una tempesta quasi perfetta di errori e circoli viziosi ha consumato quasi tutto il tempo a disposizione.
Affascinante spiegazione sul Machine Learning Journal di tutto quello che succede dietro le quinte e dentro il processore quando il microfono capta il segnale Ehi Siri.
Solo due parole, ma occorre una unità dedicata che stia tutto il giorno a controllare se vengono pronunciate, che non si tratti di un falso allarme, nel rispetto della durata della batteria e con la velocità giusta per emulare una normale conversazione: obiettivi impegnativi nel programmare un iPhone, che diventano sfida quando c’è di mezzo un watch con risorse computazionali, a confronto, limitate.