Apple fa sempre troppo poco. Invece di salvare il mondo con parole d’ordine facili o con l’illusione che sia sufficiente rinunciare alle cannucce in plastica, annuncia insieme a Tiffany che
si rifornirà di oro in Alaska solo da estrattori che nel contempo lavorano per ripristinare o migliorare i percorsi di migrazione dei salmoni.
Qualche anima bella è convinta che la via da percorrere sarebbe non estrarre oro e possibilmente nient’altro. Sedersi e aspettare la morte.
La quiete di Natale ha un sottofondo di voci, attività; quella di Ferragosto è mortale e sembra di stare nel deserto anche in mezzo a quattordici file di ombrelloni.
Gli auguri suonano sempre un po’ retorici; più di quelli, ho un pensiero per i tanti con cui ho un rapporto di amicizia attraverso queste pagine e i tantissimi con i quali non ho mai parlato, anche se lo farò volentieri alla prima occasione.
Ci si avvicina pericolosamente a Ferragosto e mi avvicino innocuamente con la famiglia all’estremo nordest italiano, per raggiungere un docente universitario che tanto tempo fa ma è una lunga storia. Non c’è da stupirsi che scriva dal letto di un alberghino apprezzato con iPad Pro e che per la testa girino riflessioni non proprio profonde. Del tipo.
Vorrei riuscire a vincere
Brogue prima di settembre. Solo che è una bestia difficile da domare, almeno per me. Gira anche
su iOS.
Un corollario della
nostalgia per HuperCard e compagnia è il desiderio di trovare programmazione semplice da affrontare, con la quale poter fare subito qualcosa, superando la fase dei mattoni da costruzione stile Automator su Mac o Comandi rapidi su iOS.
È agosto, i buoni propositi si fanno adesso. Tempo di considerare Swift. Dopo cinque anni di sviluppo
è un linguaggio maturo e pronto a tutto.
Quando mi ci sono cimentato, che era uscito da pochissimo, in tre mesi ero diventato in grado di scriverci sopra un
libriccino. E non sono un programmatore.
Ieri erano trentadue anni dal primo
annuncio di HyperCard, programma che ho molto amato e che, come è giusto fare con ciò che si ama veramente, bisogna saper lasciare andare per girare pagina.
È un invito agli ultimi nostalgici. Ce ne sono ancora diversi. La
storia del programma è senza dubbio affascinante, ma che cosa ci lascia effettivamente in eredità HyperCard, ora che le
orazioni funebri sono diventate vecchie pure loro, in rete si trovano tutte le
risorse possibili e immaginabili per pasticciare con gli stack in assenza del software e quest’ultimo è
emulabile via browser?
Se gli AirPods fossero il prodotto di una società dedicata, quella società
sarebbe ben posizionata tra le prime 500 della classifica di Fortune, davanti a nomi come Foot Locker, Motorola, Amd.
Poi uno dice che sono sciocchezze, che manca l’innovazione, che non nascono prodotti di rilievo, che sono solo cuffiette. Beh, starei a sentire interessato la spiegazione di come creare cuffiette sciocche, non innovative, e venderne cinquanta milioni di esemplari in un anno.
Per la serie Letture tanto epiche quanto futili adatte al mese di agosto consiglio la
storia di come è nato il comando Unix pipe.
Pensando al mondo informatico di oggi appaiono come situazioni inconcepibili. Doug McIlroy, di lì a poco responsabile dei laboratori Bell nei quali è nato Unix, che scrive dovrebbe esserci un sistema di congiungere tra loro i programmi come si fa con le canne da giardino. Nel 1964.
È sempre tempo guadagnato leggere le
statistiche sugli hard disk installati presso BackBlaze e anche l’ultimo appuntamento è stato all’altezza delle aspettative.
Il campione in esame contiene all’incirca centoottomila dischi rigidi, di cui vengono tenuti in conto i malfunzionamenti. Si possono leggere cose come questa:
Questi dischi [Toshiba MG07ACA14TA da quattordici terabyte) hanno avuto una partenza ballerina, con sei guasti nei primi tre mesi di utilizzo. Da allora si è verificato solo un altro guasto e il secondo trimestre 2019 è stato immacolato. Il risultato è che il tasso di guasti annuale di questi dischi è sceso a uno 0,78 percento molto rispettabile.
Ammetto che se le novità si limitassero al
cambio di nome da FileMaker a Claris sarei preoccupato più che solleticato nelle mie nostalgie.
Leggendo il post dell’amministratore delegato, però, si colgono sostanza e una grande intuizione:
Invece di una singola offerta, costruiremo una raccolta di servizi mirati al potenziamento di chi risolve quotidianamente problemi.
È quello che vado scrivendo da anni con l’idea dell’automazione personale e che – non per niente occupa una carica come amministratore delegato di Claris – lui ha saputo esprimere con molta più precisione e sintesi.
Chi si ricorda che Apple basava troppo del proprio fatturato su iPhone e che quindi rischiava la dannazione una volta sparita la gallina dalle uova d’oro, ha avuto la conferma che si trattava di aria al vento. Nell’ultima relazione trimestrale, iPhone
è passato dal cinquantasei al quarantotto percento del business aziendale.
Niente fuoco eterno, perché il fatturato, per quanto di un banale uno percento,
è cresciuto.