World of Warcraft come è oggi è impegnativo e appassionante.
Così come è nato quindici anni fa, chiedeva pazienza e restituiva emozione.
Non ho tempo per giocare stabilmente e guardo magari a un giorno nel quale girerò per Azeroth scortato dalle figlie, ma
questo agosto WoW Classic lo voglio provare in ogni caso.
Di cose impegnative e appassionanti sono pieno, mentre l’emozione rimane merce rara.
A seguito dello
sproloquio di ieri comprendente IA Writer, devo riportare il
dettaglio dei miglioramenti tipografici apportati al programma.
Lo trovo entusiasmante da un punto di vista ideale, indipendentemente dal gradimento o meno per i nuovi font. I quali però sono espressamente studiati per consentire variazioni e aggiustamenti in quantità praticamente infinita per figurare al meglio su ogni apparecchio e in ogni configurazione. Ci sono compensazioni automatiche delle spaziature orizzontali e verticali, un lavoro appassionato per arrivare a un font che riunisca le caratteristiche migliori di monospaziato e proporzionale insieme.
Non è solo che Editorial
manca da tempo di aggiornamenti significativi: scrivo molto e dunque le antenne sono sempre ritte nella direzione di programmi interessanti per scrivere su iPad come piace a me.
Questo
articolo di MacStories mi ha riacceso l’interesse verso
IA Writer, che non ho mai considerato e però ha messo nel tempo dalla sua parte un componente importante: la tipografia. Che si aggiunge a flessibilità e potenza notevoli, come scrive Viticci:
Interessante e centrato il
punto di vista di Dave Winer:
In 1985, Apple fece qualcosa di audace e ambizioso: incluse la capacità di collegarsi in rete in tutti i Mac che costruivano. Significa che, se le interfacce di programmazione (API) fossero state facili da adottare per gli sviluppatori, su Mac sarebbe arrivata una grande ondata di applicazioni di networking solo per Mac. Non ho dubbi sul fatto che il web sarebbe partito su Mac, magari anni prima che accadesse su NeXT. Ma le API di networking erano impenetrabili, per cui solo pochi sviluppatori […] riuscirono a usarle.
L’ho già detto, iPad Pro 12"9 è a stare larghi una delle tre migliori macchine che abbia usato nella vita. Lo uso del tutto intercambiabilmente con il Mac ed è un piacere assoluto.
Uso pochissimo gli animoji invece, ne avrò inviati tre da novembre, dei quali uno di prova.
iPad Pro non ha il notch degli iPhone serie X; l’hardware di riconoscimento facciale è nascosto nella cornice, sul lato corto dove si trova il pulsante di accensione.
Articoli come
Gli AirPods sono una tragedia impressionano e non per il contenuto, ma per il contesto dentro al quale evidentemente nascono.
L’idea di base, una riga per riassumerne cento, è che gli
AirPods siano una iattura per la civiltà perché fatti di plastica e difficili da riciclare.
Fin qui è una posizione che si può condividere, o meno. Il contesto attorno è terrificante. Varie frasi iniziano con molti pensano che o varianti sul tema, come se la cosa avesse rilevanza fattuale. L’idea che gli AirPods siano simboli di ricchezza ostentata (!) arriva mostrando una foto di Kanye West che impugna il suo portatile in modo noncurante (come peraltro è capitato spessissimo di fare anche a me, che il portatile me lo devo sudare) e una tizia che vende orecchini porta-AirPods.
Ammetto di non avere prove concrete, né riscontri sul campo. Però mi fido di John Gruber anche quando non sono d’accordo con lui e certamente non si espone senza avere come minimo qualche ragione.
Questa la sua
valutazione preliminare della nuova versione di Android:
Avrebbero dovuto chiamarlo Android R intendendo “rip-off” [scopiazzatura]. Questa è l’interfaccia di iPhone X. La faccia tosta di questa scopiazzatura è deprimente. Non hanno un orgoglio a Google? Non hanno un senso della vergogna?
A pensarci dopo, era ovvio. E però per arrivarci dovevo vederlo.
Inkbot Design mostra all’inizio di
una lunga pagina dedicata all’evoluzione del logo Apple che la mela attuale è costruita a partire dalle circonferenze che si trovano nella spirale logaritmica della sezione aurea.
È una cosa così semplice – vedendola – e sofisticata che si rischia la sindrome di Stendhal.
Sono innamorato.
Faccio il verso a Wikipedia: se ogni lettore di questa pagina desse il cinque per mille a All About Apple, farebbe opera non buona ma straordinaria per un’iniziativa sempre più insanely great man mano che passano gli anni.
All About Apple ha fatto la sua parte, con
quindici ragioni per meritarsi il contributo che non fanno una grinza. Per chi li ha conosciuti di persona, poi, veramente non ci sono dubbi.
Manca meno di un mese alla
Worldwide Developer Conference e penso che gli occhi vadano puntati soprattutto sul futuro dell’automazione per Mac e iOS.
La ragione
l’ha spiegata molto bene Jason Snell su Six Colors: sta arrivando il cosiddetto Marzipan, un sottosistema software che permetterà agli sviluppatori di portare agevolmente app iOS su macOS e in via definitiva di produrre applicazioni che in un unico package contengono il codice necessario per funzionare su qualsiasi apparecchio Apple.