Le difficoltà di adottare Mac in azienda: i costi, la compatibilità, la resistenza al cambiamento, gli standard di fatto.
Prendiamo per esempio una piccola-media azienda sconosciuta, una certa IBM. Dal 2015 a oggi
ha dispiegato solamente duecentonovantamila apparecchi Apple, una cosetta. Chiaro che con numeri piccoli come questi non possano avere un quadro di insieme dei problemi che si incontrano, delle tastiere che si inceppano, delle batterie che si consumano, dell’applicazione a trentadue bit che dopo
dodici anni di avvertimenti ha deciso di non aggiornarsi (bisognerebbe avvisare prima… mica con un decennio di anticipo…) eccetera.
Sono tutt’altro che uno spendaccione; compro hardware rarissimamente, solo se serve proprio e non sono squattrinato né benestante; la classe media all’apice della sua medietà.
Dall’alto (dal basso? Dal mezzo?) di questo profilo raccomando caldamente i
Deals di AppleWorld.Today.
È un posto strano dove trovare a prezzi assolutamente competitivi prodotti hardware e software non mainstream.
Ne ho approfittato di recente per comprare spazio cloud e una VPN: due licenze lifetime a prezzo scontato oltre il 90 percento, da produttori che dopo qualche sommaria ricerca preventiva sono sembrati sufficientemente affidabili.
Una delle variazioni più discusse introdotte da macOS Catalina è la sostituzione di
bash con
zsh.
Ho notato (partendo prima di tutto da me) che meno si conosce la shell più si tende ad discutere del cambio e che quindi, per evitare di discutere a favore di fare scelte utili e concrete, è meglio iniziare ad approfondire il tema.
Su questa falsariga segnalo l’articolo in cui
Brett Terpstra scopre fish, un’altra delle alternative possibili a bash.
Che bello
Organelle! Il sito spiega piuttosto bene le cartatteristiche dell’oggetto e Engadget ha una corposa
prova su strada.
In sintesi più adatta a questo spazio, Organelle è un talentuoso scatolotto dotato di comandi meccanici che ricordano certi sintetizzatori molto spartani del tempo che fu, in pochissimo spazio.
Dentro lo scatolotto sta un
Raspberry Pi equipaggiato con sistema operativo Linux, cui l’utilizzatore non ha accesso (non accesso previsto, almeno). Un po’ come dentro un iPad si trova un processore Arm con sistema operativo iPadOS, cui l’utilizzatore non ha accesso diretto.
Mi aspetto di leggere confronti tra watch e Mi Watch Xiaomi basati sulle specifiche tecniche, come ha fatto Ars Technica nel suo articolo
Il clone di Apple Watch di Xiaomi elimina quello che c’è di buono in Apple Watch.
Sarebbe bello che qualcuno confrontasse le
pagine dedicate alla privacy da Apple con
quelle di Xiaomi, che non sono nemmeno le peggiori in giro, e scrivesse chiaro che parliamo di oggetti provenienti da galassie diverse.
Il Presidente degli Stati Uniti è noto per le sue azioni e reazioni viscerali e ha pensato anche a un miglioramento per la UX, la user experience, l’esperienza utente, di iPhone. Una designer già in Apple all’epoca di quello sviluppo lo ha
commentato con ironia.
Apple presenta la serie 11 di iPhone con enfasi sulle funzioni di fotografia computazionale e sui nuovi obiettivi.
Coro di mugugni perché oramai si è persa l’innovazione, sono gadget inutili, comunque non scatteranno mai bene come una vera macchina fotografica,
l’obiettivo sporge e rovina l’estetica eccetera.
Segue
satira (segno certo del successo) sulla disposizione dei tre obiettivi.
È appena uscito in Cina
CC9 Pro di Xiaomi, con una modalità di scatto da centootto megapixel e quattro obiettivi, che effettivamente sono incolonnati, ma sporgono ugualmente.
(Questo post è intenzionalmente privo di link).
Fabrizio Venerandi, che adoro e considero amico anche senza avere titolo di sua frequentazione e nonostante lui potrebbe a buon diritto negarmelo, sostiene che un apparato sia un computer quando è possibile usarlo per programmare l’apparato stesso; un Mac sarebbe un computer perché è possibile programmarvi sopra una app per Mac, mentre un watch non lo sarebbe, perché non può essere usato per programmare il suddetto watch.
Se ascoltiamo la
voce di Bloomberg, notoriamente diversa da quella di un adoratore di Apple a prescindere, impariamo che i nuovi iPhone sono davanti a tutti nella qualità del video, da tempo, e che la serie Pixel di Google risultava migliore di iPhone nelle foto.
Solo che i Pixel 4 di quest’anno hanno perso il vantaggio sulle foto e hanno pure la batteria peggiore. Sempre Bloomberg riferisce che la batteria è la prima priorità dell’acquirente medio, non il prezzo, per cui anche il fatto di costare qualcosa meno vale fino a un certo punto nel valutare l’acquisto di un Pixel.
John D. Cook non si considera un vero e proprio
survivalista computazionale, ma apprezza la prospettiva dell’approccio:
Cercare di fare tutto il possibile con strumenti elementari di riga di comando, nell’idea che ci si possa trovare qualche volta nella situazione di non potere usare nient’altro.
Non condivido l’idea; tra connessioni remote, reti Wi-Fi, macchine virtuali e apparecchi che stanno in una tasca, trovarsi limitati alla riga di comando mi pare improbabile. Mi piace l’approccio, invece, perché sono strumenti economici, veloci, appunto elementari: mattoni fondamentali da costruzione. Per lo stesso motivo apprezzo il linguaggio
Lisp, che in linea di principio può essere sviluppato arbitrariamente a qualsiasi livello attraverso la combinazione di poche istruzioni base.