Ognuno ha la propria sensibilità rispetto a dove tracciare una linea. Riconosco che la mia sensibilità è bizzarra ma me la tengo e voglio dire che
nascondere la bandiera di Taiwan sugli apparecchi iOS in funzione dentro Hong Kong o Macao è un atto che veramente non mi piace.
Perché è veramente infantile, forse un tentativo di dare un contentino ai cinesi per tenerli buoni. Infatti se digiti Taiwan l’emoji viene fuori, è lì solo che non viene mostrato.
Si è già scritto delle scelte di Apple di
affidare la cura di musica e notizie a esseri umani: quelli lenti che sbagliano, ma hanno la fantasia, l’improvvisazione, il colpo di genio, la capacità di prendere una direzione completamente non ovvia. L’algoritmo, il mestiere di Google, di Facebook, di Amazon, di Microsoft, di tutti, è perfetto, veloce, infinitamente personalizzabile: capisce quello che vuoi e continua a dartelo in mille salse. La prigione dell’anima.
Se c’è una ragione per cui MacStories è speciale, sta nella sua impossibilità caratteriale di copiare e incollare (infiorettamenti esclusi) le notizie uscite da un’altra parte.
Le notizie ci sono e poi però si trovano gemme come
i centoventi Url che dentro iOS consentono di richiamare immediatamente una certa parte delle Impostazioni, senza aprire le Impostazioni dall’icona canonica.
È un elenco che consente di creare semplicissimi Comandi rapidi da piazzare nella schermata preferita per accedere istantaneamente a una certa configurazione.
La maggior parte delle diatribe attorno a Apple si decodifica facilmente se si pensa al tema del design (how it works, diceva Steve Jobs, come funziona).
I detrattori di Apple ragionano in modo industriale (non è un insulto, né una diminutio, ma una impostazione che ha molto senso in molti campi professionali) e pensano che prima nasca il prodotto e poi si pensi a come funziona.
Apple ragiona in senso opposto e per questa ragione viene accusata di essere design-oriented: prima si pensa a come funziona e in base a quello nasce il prodotto.
Justin O’Beirne è il guru delle mappe digitali e ha appena pubblicato un
aggiornamento clamoroso sulle nuove mappe che Apple ha in sviluppo inizialmente, come era facile intuire, per gli Stati Uniti e ancora non tutti.
Tuttavia la pagina è ricchissima di comparazioni e animazioni e non c’è fatica a percorrerla, piuttosto curiosità e senso di meraviglia per capire quante e quali cose stanno veramente dentro una mappa che si vuole omnicomprensiva, e quanto lavoro serva per averle.
Se mai scriverò un libro che vede la tecnologia come argomento secondario (essendo improbabile che non contenga alcun riferimento tecnologico) finirà che in un modo o nell’altro ci infilerò dentro la
storia dei pangrammi.
Per la cronaca, il file di testo contenente questo post consta precisamente di novecentoottantanove caratteri.
Richard Stallman (o Rms, la sua firma storica)
è in cerca di una stanza in cui risiedere per i prossimi mesi, dopo avere dato le dimissioni da
Massachusetts Institute of Technology (MIT),
Free Software Foundation e
progetto GNU.
(Aggiornamento del 30 settembre: Stallman rimane a capo di GNU. la frase con la quale di dimetteva, comparsa sul suo sito personale, era stata inserita a sua insaputa da un dipendente di Free Software Foundation).
La troverà, immagino, solo se il proprietario sarà ignaro delle sue richieste,
di puntigliosità leggendaria.
Uno può sempre obiettare che
le affermazioni di Apple sulla sua situazione di azienda contribuente possano essere poco neutrali e magari viziate dalla propaganda.
Tuttavia
la voce di Fortune può essere definita meno influenzabile dagli interessi aziendali e il suo racconto è assai poco diverso nella sostanza. I fatti sono chiari:
- Apple paga meno tasse di quello che ci aspetterebbe in teoria, ma è una delle multinazionali che ha il trattamento fiscale peggiore.
- Per quanto poche, le,tasse pagate sono molto più vicine al trenta percento dell’imponibile che alle cifre tendenti a zero fatte circolare di tanto in tanto.
- Il problema vero è l’armonizzazione internazionale dei millemila sistemi di tassazione interno ai vari Paesi.
Si ha la sensazione che, più degli importi dovuti, incidano gli sforzi e l’organizzazione di cui ci si deve dotare quando hai una sede in decine di nazioni, ognuna con le sue particolarità e stranezze fiscali, e devi organizzare tutto in modo che funzioni e sia anche rispettoso delle regole stesse. Sperando che non salti fuori una Unione Europea a
chiederti quattordici miliardi perché ha deciso ieri che le regole applicate da vent’anni sono sempre state sbagliate.
In un periodo difficile per scrivere (niente di che, puro sovraccarico) è contrappasso che arrivino le novità più ghiotte.
I nuovi iPhone ricevono recensioni definitive rispetto alla superiorità sulla concorrenza. Certo, se venissero lette il mondo sarebbe un posto ancora più noioso di Facebook.
Gli watch serie 5 convincono per la diversificazione dei materiali e le nuove funzioni, soprattutto una: l’always on dello schermo. watch è sottovalutato al punto che si accinge a superare Mac nelle vendite e pochissimi danno segno di accorgersi che ha, diciamo, un successo modesto eppure consistente.