Fabrizio Venerandi è come sempre anni avanti a chiunque. Il suo post su Facebook in versione integrale:
Mi piacerebbe sapere quelli che dicono che l’insegnamento vero si fa solo in classe, a quanti corsi di didattica a distanza abbiano partecipato. Dico, professionali, non improvvisati da qualche università italiana con slide e uno che parla monotono leggendole in camera fissa.
Perché io negli ultimi vent’anni ho seguito diversi corsi in inglese di università americane, sui metadati, sulla programmazione JavaScript, sulla scrittura di videogiochi in Python, sugli automata e sono state tra le esperienze di insegnamento più motivanti che mi siano capitate.
Anche quest’anno faccio il socio di LibreItalia e Copernicani.
I primi sono splendidi volontari per il software libero, che si battono come leoni – siamo al paradosso – benché inferiori per numero e potenza di fuoco a una multinazionale vergognosa, perché vengano rispettate le disposizioni statali per l’utilizzo del software libero, nelle scuole prima di tutto e poi in tutta l’amministrazione pubblica.
Mia figlia entra nelle primarie a settembre e mi sono reso conto del calvario informatico che ci aspetta.
Ogni riferimento alla situazione sanitaria lombarda è puramente accidentale. Mi riferisco piuttosto al grafico su Six Colors che mostra il variare negli anni del numero di porte presenti su ogni portatile Apple con schermo da quindici pollici.
Mi tornano in mente le polemiche di quando venne deciso di eliminare la porta modem. Pareva che togliessero l’ossigeno. Oggi vorrei reincontrare qualcuno degli arrabbiati e sapere se la chiedono ancora.
Ovviamente non c’è da lambiccarsi il cervello per capire quale sarà il punto di arrivo.
Uno studio afferma che i computer da tasca di vertice Android si deprezzano al doppio della velocità di iPhone.
Oh bella, dirà qualcuno, come mai, dal momento che dentro sono tutti uguali e fanno le stesse cose?
Probabilmente la risposta è che sono un po’ uguali anche fuori, come succede con i computer da polso: Oppo Watch copia watch per offrire una alternativa su Android.
Chissà che valore può avere un design adottato senza sapere il perché, purché costi meno.
La lettura del weekend è composta da due letture, fornite da Riccardo che con pazienza ha trascritto due splendide interviste, una a Steve Jobs e una a Larry Tesler, uscite dai documentari della serie The Machine That Changed The World.
Non sempre c’è tempo e modo per guardare i filmati originali da cui provengono le interviste e con l’inglese parlato c’è chi fatica più che con quello scritto. E poi, con il testo, ce la si cava anche con un iPhone in poltrona senza perdere niente
Si può rispondere in tanti modi a come vediamo il futuro, o fatichiamo a vederlo.
C’è però un modo troppo facile, che non mi piace, sa di vecchio. Come sempre, di vecchio mentale, non fisico.
Supponiamo per esempio che Seti@Home vada in ibernazione per avere raccolto, al momento, tutti i dati che gli servono e quindi voglia dedicare ogni risorsa alla loro analisi.
Il futuro è guardare la pagina di tutti i progetti Boinc e scegliere il prossimo.
Vacanza di un giorno dai temi consueti perché ho scoperto un blog con una serie di post dedicati alla logistica dell’assedio di Gondor (questo è il primo post) nel Ritorno del Re secondo le versioni del libro e quelle del film di Peter Jackson.
TL;DR: Tolkien ha lavorato bene e Jackson, considerati i vincoli di tempo che aveva, ha fatto ragionevolmente il possibile e va benvoluto anche se perde in verosimiglianza.
Da tempo sostengo che in quest’epoca scrivere a livello professionale, ma non solo, implica la padronanza dei sistemi di formattazione, produzione e distribuzione del testo. A parte i grandissimi e i vendutissimi, la figura dello scrittore che pensa unicamente a scrivere, senza curarsi di come verrà trattato il proprio testo da quel punto in avanti, non è più credibile, un po’ come quella di un musicista che pensi solo a suonare nell’indifferenza da che cosa scaturisce dal mixer.
Dopo il test sui candidati presidenziali democratici americani, basato unicamente sulle scelte tipografiche della propria propaganda elettorale, Matthew Butterick ha applicato la stessa regola ai film nominati per il premio Oscar: unico metro di valutazione, l’eleganza e la riuscita della tipografia della locandina.
Non dico chi ha vinto, ma pare – non l’ho visto – sia un bel film e la coincidenza non è necessaria, ci mancherebbe, però nemmeno del tutto casuale.
Anni fa si tenne un referendum per levare la proprietà di Retequattro a Mediaset e uno degli slogan dei favorevoli era non si interrompe un’emozione, nel senso che la pubblicità di Retequattro e delle altre televisioni commerciali spezzava l’incanto della visione.
Niente rispetto a quanto si può vedere vent’anni e passa dopo, se uno intende seguire un programma di televisione generalista in streaming invece che in digitale terrestre o via satellite.