Quindici anni fa scrissi che Mac non avrebbe adottato processori Intel, il giorno prima che lo facesse. Il mio ragionamento era corretto, solo che mi mancavano informazioni tecniche essenziali di cui ero colpevolmente all’oscuro.
Il giorno prima che Mac adotti di fatto processori Arm mi guardo bene dal negarlo; sia perché anche stavolta il ragionamento è corretto, sia perché – dopo un annuncio ufficiale a giugno – nulla resta da indovinare, al massimo quali saranno le prime macchine ad adottare la nuova architettura.
Alle note già dedicate all’
arrivo di iOS 14 sui miei sistemi, devo aggiungere che alcuni dei miei Comandi rapidi hanno parzialmente smesso di funzionare.
C’è qualche problema di retrocompatibilità, oppure ho usato metodi che funzionavano pur essendo scorretti e hanno ceduto alla prima variazione.
Ora provo a metterci dell’attenzione e anche a fare qualche prova con iPhone, dove uso i Comandi rapidi assai meno e magari ci sono differenze di codice rispetto a iPadOS.
Al termine (di fatto, cavilli a parte) delle presidenziali americane, abbiamo capito chi ha vinto e chi fa propaganda sterile e faziosa: chiunque ricami su una mappa a due colori per ricavarne analisi che vorrebbero apparire sofisticate.
È risaputo che basta torturare i dati abbastanza a lungo per fare dire loro quello che vogliamo sentire; qui basta pochissimo. La rappresentazione blu e rossa (in ordine alfabetico) nasce per mostrare con immediatezza dove ha vinto il blu e dove ha vinto il rosso. Tutto il resto – l’idea della nazione spaccata, che i più intelligenti votino questo e i più cattivi votino quello, che le città e le campagne eccetera eccetera – è intrinsecamente malvagia e serve a fare propaganda altrettanto menzognera come le bugie sparate ad alzo zero, come sempre, durante questi mesi di campagna, da ambedue gli eserciti. Di uno bastava ascoltare il comandante in capo; l’altro esercito, fino al giorno prima, dichiarava anche dodici punti di vantaggio. Tutte tattiche già viste e anche da tanto.
La stagione del baseball americana si è giocata in stadi vuoti, per le ragioni che sappiamo. Tuttavia, per i team in campo e per il pubblico a casa, gli stadi sono stati sonorizzati con rumori di folla.
Viene fuori, grazie a un articolo di Sports Illustrated, che l’orchestrazione dei rumori
viene eseguita da un iPad in dotazione a ciascuna squadra.
Sembra una sciocchezza, prima di leggere. Invece si scopre che i rumori in gioco sono più di mille, sono sovrapponibili (per un numero di combinazioni possibili altissimo) e ci sono tante sfumature da considerare. Qualche squadra ha applicato personalizzazioni e il tutto è impossibile da attuare senza una supervisione umane, proprio per via delle sfumature.
Non sono parenti. Non sono amici, non sono clienti né fornitori, non li vedo di frequente, non ci dobbiamo soldi, non abbiamo interessi comuni, non facciamo parte di una stessa associazione, non abitiamo vicino, non siamo coetanei né ex compagni di scuola o altro, neanche veniamo dalla stessa area geografica.
Sono semplicemente persone che conosco. Hanno un piccolo ristorante, che ho visto morire in un video su Facebook. Di lockdown, incertezze, chiusure, riaperture a metà, normative contrastanti, tasse assurde, regolamenti a caso e altro. Non so se ci abbiano messo del loro; a me interessa la parte che riguarda il governo e il pensiero computazionale.
Scrivo mentre Florida, Texas e Ohio sono ancora lontani dall’essere assegnati e potrebbe vincere chiunque.
Dopo la
farsa dei Surface messi in mostra per compiacere lo sponsor, tuttavia, quest’anno ho visto campeggiare su una scrivania degli studi Cnn un MacBook genuino, davvero usato dalla giornalista inquadrata.
Tanto basta a rendermi fiducioso sulla tenuta della democrazia americana.
L’ennesima prova che il design e l’interfaccia utente non solo suggeriscono che cosa sia meglio comprare, ma dicono anche tante cose su chi li applica male.
Ne parla John Gruber a proposito della nuova versione della app di Facebook per iOS, con la novità del supporto del dark mode.
Mi sono accorto immediatamente – senza esserne sorpreso – che Facebook ha sbagliato a impostare le frecce che rivelano contenuto gerarchico nascosto. Facebook lo fa nel modo ottuso, come Android, per cui la freccia indica l’azione e non lo stato. iOS funziona nel modo giusto e le sue frecce indicano lo stato, come hanno fatto a partire dal 1984 su Mac.
C’è un articolo su TechCrunch, riguardante
l’arrivo della generazione cosiddetta No-Code, che andrebbe letto nelle scuole. Ma non agli studenti; agli insegnanti.
Lo stesso articolo andrebbe letto nelle aziende. Non ai dirigenti; a tutto il resto del personale.
Parla di un nuovo digital divide che nasce e che, con il senno di poi, farà apparire come vecchiume il primo divide, quello tra chi sapeva usare un computer e chi no.
Le piattaforme no-code, per esempio
Retool o
Airtable, possono cucire assieme in un paio di clic progetti che una volta avrebbero richiesto ore a un team di ingegneri. Il loro vantaggio rispetto al passato, certamente, non è la dizione no-code:
È luogo comune che Apple sia centrata su iPhone e possibilmente trascuri gli altri settori di attività. Poi avviene che i
risultati trimestrali relativi all’estate manchino, per la prima volta, del lancio di un nuovo iPhone. E, nonostante questo, siano il record di tutti i tempi per il trimestre estivo, con analogo record per il fatturato Mac e pure per quello dei servizi. Senza contare un bell’andamento di iPad.
La notizia c’è, possiamo chiuderla qui.
Primo impatto con
iPadOS 14: buono.
Niente di eclatante, come è anche logico per la quattordicesima iterazione di un sistema operativo. Alcune delle novità più succose sono poi appannaggio di Pencil, che non uso.
La tipografia è gradevole per il mio gusto; Mail, Note hanno guadagnato una nuova evidenziazione del contenuto in primo piano, cosa piccola e utile; il redesign di Calendario è vincente e ci voleva. Mappe, alla prima occhiata, si è molto raffinato.