Trentacinque anni fa il primo processore Arm metteva insieme venticinquemila transistor.
M1,
sedici miliardi. seicentoquarantamila volte di più, su una superficie grande il doppio.
Un thread affascinante. L’apice della tecnologia del 1985 sarebbe un puntino quasi invisibile sul chip all’apice della tecnologia odierna.
Gli specialisti della dissonanza cognitiva hanno acceso i motori a tutta forza. La situazione è grave: bisogna a tutti i costi trovare una giustificazione al fatto che un Mac possa avere un processore migliore del loro Pc e trovare sempre a tutti i costi nei nuovi Mac dei difetti capaci di consolidare la loro convinzione fideistica di avere fatto la scelta giusta.
Solo che stavolta è dura. Tecnicamente, i benchmark che girano non sono ufficiali e però, se sono veri, lasciano davvero poco spazio alle chiacchiere. Un benchmark non è mai una rappresentazione fedele delle prestazioni nell’utilizzo reale. Ma uno preferisce averli dalla sua parte, no? Pare che M1 lasci nella polvere tutti i MacBook Pro attuali in funzionamento single core e praticamente
tutti i processori per portatile oggi sul mercato. Un MacBook Air M1 può fare meglio di un MacBook Pro 16” Intel.
Leggo che gira un aggiornamento di OpenOffice, 4.1.8. Contenente la bellezza di
ventuno bug fix. Dopo soli quattordici mesi di sviluppo dalla versione precedente, che aveva sistemato la bellezza di
due bug.
La versione 4.0 data al
2013.
Per confronto, BBEdit 13.5.2 ha sistemato
dodici bug. Ma il precedente 13.5, che dista tre settimane da oggi, ne toglieva sessantacinque intanto che applicava rifiniture, aggiunte e persino la
compatibilità con Apple Silicon che ancora non era la famiglia Mx
appena presentata.
Abbiamo avuto la possibilità di vedere come saranno costruiti i computer tra cinque anni.
Solo che questi saranno disponibili
nel giro di una settimana.
Se dovessi comprare un Mac mini con M1 carrozzato esattamente come quello che ho preso nel 2019, spenderei tre quarti della cifra. Solo che andrebbe veloce il triplo o giù di lì, consumando pure meno.
MacBook Pro 13” dichiara venti ore di autonomia. MacBook Air diventa il nuovo portatile per la persona media, che deve fare cose normalissime. Poteva farle anche prima, con il MacBook Air Intel; ma adesso le farà molto più velocemente e la batteria dichiarata dura il sessantasette percento in più di ore dichiarate.
Poter scegliere tra più alternative software è indubitabilmente una buona cosa. Quando però si aggiungere il software (mal)concepito come multipiattaforma, il contrappasso è che l’interfaccia umana va a farsi friggere. Saltano le regole dell’interfaccia utente, il comportamento degli elementi dell’interfaccia è affidato all’estro del primo programmatore che passa (indizio: molto spesso, un eccellente programmatore è uno User Experience designer di valore zero), sullo schermo è cacofonia comunicativa.
Su Windows l’attenzione a una esperienza coerente è sempre stata scarsa. Mac ha fatto la rivoluzione proprio perché improvvisamente esistevano regole che governavano il funzionamento generale di qualunque programma.
Apple ha verificato che Pegatron
violava certe regole che limitano le ore di impiego degli studenti lavoratori.
Il fornitore taiwanese, tutt’altro che un pesce piccolo, non riceverà altre commesse da Apple fino a che avrà dimostrato di essersi messo in regola. Il responsabile del programma di impiego degli studenti lavoratori in Pegatron, inoltre, è stato licenziato.
Si può malignare quanto si vuole sullo sfruttamento da parte occidentale di forza lavoro a basso prezzo, a patto di fare i dovuti distinguo. Sarebbe molto più comodo chiudere un occhio o raggiungere un accordo di massima sui tempi per continuare come prima, che individuare un fornitore alternativo. Pegatron è un fornitore grosso.
Quindici anni fa scrissi che Mac non avrebbe adottato processori Intel, il giorno prima che lo facesse. Il mio ragionamento era corretto, solo che mi mancavano informazioni tecniche essenziali di cui ero colpevolmente all’oscuro.
Il giorno prima che Mac adotti di fatto processori Arm mi guardo bene dal negarlo; sia perché anche stavolta il ragionamento è corretto, sia perché – dopo un annuncio ufficiale a giugno – nulla resta da indovinare, al massimo quali saranno le prime macchine ad adottare la nuova architettura.
Alle note già dedicate all’
arrivo di iOS 14 sui miei sistemi, devo aggiungere che alcuni dei miei Comandi rapidi hanno parzialmente smesso di funzionare.
C’è qualche problema di retrocompatibilità, oppure ho usato metodi che funzionavano pur essendo scorretti e hanno ceduto alla prima variazione.
Ora provo a metterci dell’attenzione e anche a fare qualche prova con iPhone, dove uso i Comandi rapidi assai meno e magari ci sono differenze di codice rispetto a iPadOS.
Al termine (di fatto, cavilli a parte) delle presidenziali americane, abbiamo capito chi ha vinto e chi fa propaganda sterile e faziosa: chiunque ricami su una mappa a due colori per ricavarne analisi che vorrebbero apparire sofisticate.
È risaputo che basta torturare i dati abbastanza a lungo per fare dire loro quello che vogliamo sentire; qui basta pochissimo. La rappresentazione blu e rossa (in ordine alfabetico) nasce per mostrare con immediatezza dove ha vinto il blu e dove ha vinto il rosso. Tutto il resto – l’idea della nazione spaccata, che i più intelligenti votino questo e i più cattivi votino quello, che le città e le campagne eccetera eccetera – è intrinsecamente malvagia e serve a fare propaganda altrettanto menzognera come le bugie sparate ad alzo zero, come sempre, durante questi mesi di campagna, da ambedue gli eserciti. Di uno bastava ascoltare il comandante in capo; l’altro esercito, fino al giorno prima, dichiarava anche dodici punti di vantaggio. Tutte tattiche già viste e anche da tanto.
La stagione del baseball americana si è giocata in stadi vuoti, per le ragioni che sappiamo. Tuttavia, per i team in campo e per il pubblico a casa, gli stadi sono stati sonorizzati con rumori di folla.
Viene fuori, grazie a un articolo di Sports Illustrated, che l’orchestrazione dei rumori
viene eseguita da un iPad in dotazione a ciascuna squadra.
Sembra una sciocchezza, prima di leggere. Invece si scopre che i rumori in gioco sono più di mille, sono sovrapponibili (per un numero di combinazioni possibili altissimo) e ci sono tante sfumature da considerare. Qualche squadra ha applicato personalizzazioni e il tutto è impossibile da attuare senza una supervisione umane, proprio per via delle sfumature.