Sebbene si tratta ancora di qualcosa di remoto, è un segno eccellente che Apple abbia una partnership con Synchron, una società che si occupa di interfacce verso il cervello.
L’obiettivo più immediato è
consentire il pilotaggio di iPhone con un’interfaccia cerebrale, chiamiamola così. Nel caso di Synchron non si tratta di impianti interni al cervello come quelli della Neuralink di Elon Musk bensì di elettrodi posti sulla testa, ma l’idea è quella.
Mentre scrivo questo pezzo, ascolto la
presentazione che Italo Vignoli ha confezionato online per spiegare il significato dei vent’anni di
Open Document Format.
Mezz’ora, lo so. Per uno come me, che divora il testo, sopportare la lentezza del video è una faticaccia. So che persone molto più agili mentalmente di me ascoltano a 1,5x o 2x. Non so, a me – chiedo scusa – sembra disumano o, comunque, riconoscere a un contenuto la metà del suo valore dichiarato.
Parliamo di conservazione del software.
Parliamo di
Macintosh Repository.
Oltre seicentonovantasette terabyte di software Mac nell’archivio. Di tutto: sistemi operativi, applicazioni, utility, giochi, documentazione. Di tutto.
Una comunità a partecipazione gratuita.
Dove possibile, esecuzione diretta via browser per chi non ha un archeoMac in era attività.
Per chi desidera contribuire, ci sono la strada dell’upload – può darsi che tu abbia software ancora da inserire nell’archivio – oppure versare, che so, dieci dollari per contribuire alle spese di manutenzione (con ingresso nell’elenco ufficiale dei benefattori pubblicato in home page).
Sicuramente è piacevole godere della comodità di una suite durante una vacanza o un viaggio di affari.
Dentro un computer, va un po’ diversamente. Con qualche parziale eccezione per il foglio di calcolo e le presentazioni, l’esigenza di avere un programma con specifiche di formattazione importanti per produrre documenti elaborati, ammesso che sia mai stata importante, oggi ha smesso di metterlo o lo è molto meno.
Una persona tecnica scrive con Markdown, LaTeX, HTML o XML. Una persona non tecnica scrive con un word processor al quale basterebbe il cinque percento delle funzioni a disposizione per esaudire ed esaurire i bisogni di una persona non tecnica.
Un bel banco di prova per le questioni etiche che l’utilizzo di un LLM in mezzo alle comunità umane può sollevare.
C’è polemica attorno all’edizione 2025 di WorldCon (abbreviazione di World Science Fiction Convention), il raduno in cui – tra le altre cose – vengono assegnati i premi Hugo, una sorta di Oscar della fantascienza libraria.
Uno si aspetta a questo punto di leggere una polemica rispetto alla scrittura dei libri con ChatGPT o chi per esso. Invece no.
Sembra una cosa talmente vecchio stile e, invece, sui Mac Intel non funziona; il comando per
dimensionare manualmente la RAM video è fatto apposta per Apple Silicon.
Lo spiega OSXDaily, che lo ha trovato in un
thread molto tecnico su come fare funzionare bene Llama in locale.
In effetti, voler modificare (il più delle volte per aumentarlo) il valore della VRAM ha un senso particolare per i grandi modelli linguistici nascosti dietro ai chatbot, affamati di elaborazione grafica. Apple Silicon, nel quale la memoria a disposizione del sistema è unificata, rende la manovra agevole, a patto di essere consapevoli che bisogna lasciare a Mac sufficiente Ram convenzionale per funzionare al meglio.
Apparentemente si potrebbe dire che il mondo soffre di tanti problemi. La realtà è che tutto ha cominciato ad andare a rotoli quando è uscito Windows con il pulsante di pareggio nelle finestre. (Sì, una volta si giocava al
Totocalcio, il pronostico di pareggio si scriveva X).
Come il peggiore retrovirus, il pareggio si è infiltrato nella totalità del sistema, comprese le finestre modali. Quelle dove devi per forza effettuare una scelta prima di proseguire il lavoro.
Di digitalizzazioni se sono viste oramai tante, probabilmente mai a questo livello di definizione. Ammirare
La ragazza con l’orecchino di perla a una risoluzione di oltre novantatremila per centoottomila punti significa poter veramente osservare altro che la pennellata, ogni singola goccia di colore depositato sulla tela.
Sono dieci miliardi di pixel, o gigapixel che dir si voglia. Inutile pensare che l’emozione di vedere l’opera così dettagliata in digitale possa superare l’esperienza della visione dal vero del quadro, al
Mauritshuis di The Hague. È altrettanto vero che, dal vivo, non è possibile guardare il quadro in questo modo.
Tantissimo tempo che non passavo sulla pagina
Open Source Mac. Era quasi un rito di passaggio, una volta, per chi accendeva un Mac.
Mi sono autoproposto un test: dei trentotto programmi menzionati nella prima pagina dell’elenco, quanti ne ho almeno provati una volta?
Io, diciannove: cinquanta percento. Chi ha fatto di più?
Facile al giorno d’oggi dare per scontate tante caratteristiche di una presentazione. Equilibrio tra testo e grafica, abbinamento dei colori, utilizzo della tipografia, controllo del livello di sintesi del contenuto, coerenza interna, filo conduttore e così via.
Fino a quando incontri un maestro che, per fare studiare un argomento di geografia, forma gruppi di lavoro, assegna a ciascun gruppo una sezione dell’argomento, indica ai gruppi di collaborare usando Google Diapositive… e sparisce. Nel senso che abbandona i ragazzi a loro stessi e insegna zero rispetto a quello che si deve fare nel produrre slide.