Apple ha commissionato a Forrester uno
studio sull’impatto dell’adozione di Mac M1 in azienda.
Immagino che fosse difficile ne uscissero risultati sfavorevoli per Apple. Tuttavia il metodo scientifico ci dice di analizzare, valutare e tenere per buono quello che regge all’analisi, in attesa di eventuali numeri più precisi o studi più accurati.
Lo studio è snello e semplice da leggere, va letto.
Un dato solo: in tre anni un Mac M1 fa risparmiare 843 dollari di minori costi.
Si parte da Apple che minaccia la libertà e la riservatezza delle persone per la sua
intenzione di inserire strumenti di verifica della presenza di foto valutate come pedopornografiche, tanto che
vengono pubblicate lettere aperte firmate da liste chilometriche di associazioni per chiedere ad Apple di abbandonare i propri piani.
Si arriva a dichiarazioni filtrate dal processo Apple-Samsung, dove un dirigente di Apple parla di iCloud come
la piattaforma più grande per distribuire materiale sessualmente abusivo per i minori.
Apple
ha rinviato a gennaio il ritorno in ufficio dei dipendenti. I quali, una volta tornati, potranno comunque lavorare da altrove il mercoledì e il venerdì di ogni settimana.
Apple è anche l’azienda probabilmente più legata alla modalità di lavoro in ufficio. Eppure, tra varianti e convenienze, a gennaio saranno quasi due anni che i suoi dipendenti hanno facoltà di lavorare da remoto. E i conti non sono andati così male.
Ho letto che – per la seconda volta in tempi recenti –
Samsung è diventata la maggiore produttrice mondiale di semiconduttori, davanti a Intel che storicamente ha sempre occupato questo ruolo.
Ho pensato a gente che leggo ogni tanto, nei contesti più vari, sempre nella stessa situazione: gli è cambiato qualcosa nella configurazione di lavoro, dalla ditta al software allo scanner, e chiede come continuare a fare una certa cosa che faceva prima nel modo in cui la faceva prima.
Un modo possibile per uscire dalla follia di Office 365:
scegliere LibreOffice assieme a un partner che lo integri in azienda.
Non è gratis, ma i dati restano dell’azienda, se ne occupa una app realmente conforme agli standard – i formati legacy di Microsoft, quelli senza la X per capirci,
sono deprecati dal 2008 per l’Organizzazione internazionale degli standard (ISO) – e il livello tecnologico è di prim’ordine.
Chi voglia fare prove può scaricare
LibreOffice 7.2 appena uscito e pagarlo nulla.
Bella coincidenza che io scriva di
EtherPad come mezzo per collaborare online sul testo, Html come standard nelle scuole, ipertesto organizzato per essere imparato fino alla terza media e, nel contempo,
Microsoft alzi i prezzi di Office 365 per le aziende.
Uno dice, beh, Microsoft è libera di fare ciò che vuole e i clienti pure.
Probabile che sia così. Non ho il dato sottomano, ma l’ho letto l’altroieri: la quota di mercato di Office online sarebbe dell’ottantasette percento. Quasi tutto il resto è di Google, quasi tutto di utenze non paganti. Di libertà ne vedo poca.
Semplifica Paolo Attivissimo:
Al momento di
insegnare a maneggiare testo e ipertesto con strumenti digitali, la scuola dovrebbe fare lavorare gli studenti con il testo puro e presentare loro le nozioni fondamentali sugli strumenti di marcatura. Il formato standard dei documenti scolastici dovrebbe essere HTML o al limite testo puro trattato con
Markdown.
Per tutto il resto c’è
Pandoc. È un sistema di conversione tra formati semplice da installare (ci sono riuscito anch’io), aperto alla personalizzazione, in continuo progresso. È software libero, installabile ovunque, che richiede potenza di elaborazione minima.
Se una scuola decidesse davvero di
ragionare in modo moderno sull’insegnamento interdisciplinare degli skill digitali e chiedesse a me che conta di più in assoluto al momento di decidere il software da usare, risponderei le funzioni di collaborazione.
Questo perché il software mainstream odierno fa molto poco oltre al portare in digitale modi di lavorare che erano presenti anche prima dei computer. Chi mi ha rimproverato di pensare troppo presto ai computer nella scuola, dove si è dimostrato nel tempo più producente disegnare a mano più che usare il CAD o imparare a fare i conti prima di affidarsi alla calcolatrice, ha ragione da vendere.
Provo a dare qualche suggerimento concreto per una scuola lungimirante, tanto da
insegnare a scrivere anche in versione digitale, trattando testo puro e arrivando in un secondo momento a generare HTML per dare tipografia ai contenuti.
L’ideale è avere requisiti talmente bassi da essere soddisfatti a costo zero su qualsiasi piattaforma. Di editor di testo elementari se ne trovano a manciate e ognuno ha il suo preferito. Nel lungo periodo sarebbe preferibile una scelta che consenta un minimo grado di automazione per l’inserimento di tag HTML, ma si fa sempre in tempo a cambiare programma più avanti se si crea questa situazione. Aggiungo che numerosi editor di testo validissimi sono open source e lecitamente scaricabili senza pagare.
Ho ricevuto diverse obiezioni alla mia proposta di
curricolo digitale per i due cicli della scuola primaria, che ruotano attorno a un argomento: l’opportunità di esporre bambini e ragazzi al computer in modalità che potrebbero essere troppo sofisticate per loro oppure arrivare troppo presto, o entrambe le cose.
Sono d’accordissimo nell’evitare di tirare in ballo i computer quando non serve o prima del tempo. Con un quaderno a quadretti si possono fare miracoli per introdurre idee di coding e certamente qualsiasi ragazzo dovrebbe imparare a tirare righe dritte a mano, con l’ausilio di un righello, prima di affidarsi a qualsiasi programma di disegno.