Nel chiacchierare del
miglioramento di Mappe constatato (quindi sancito) da xkcd, penso che ognuno di noi ha la sua esperienza negativa e la sua esperienza positiva.
La mia negativa l’ho accennata
l’anno scorso, quando per seguire l’itinerario online ho mancato un cartello fisico decisivo e mi sono ritrovato a seguire Mappe su un sentiero di montagna che anche con un fuoristrada sarebbe stato a senso unico, salvo soccorso alpino.
L’esperienza positiva è del 2019, quando ancora Mappe non era buona come ora, e riguarda un percorso a piedi.
La domotica avanza e mi ritrovo arretrato rispetto alle sveglie intelligenti, che si configurano con una app e una connessione Internet.
Nel mio caso, per conto terzi, uno (Xiao)Mi Smart Clock. Bell’oggetto, gradevole al tatto, bel display, funzioni confortevoli, personalizzazione, nulla da dire. Ecco, la visualizzazione a ventiquattro ore è macchinosa e strana, posto che abbia capito davvero come impostarla. Non importa veramente a nessuno. Se la avessi sul comodino, andrebbe benissimo a dodici ore. È simpatica, amichevole, piacevole da azionare.
L’editoria italiana è discesa verso livelli di qualità poco edificanti e la capacità della popolazione di discernere non è che si senta benissimo. Vediamo una dimostrazione pratica.
Un quotidiano italiano trova uno scoop interessante:
A scuola per forza con l’iPad, la dirigente della scuola spiega: “non banalizzare, va incontro a didattica utile per gli alunni”. Dentro l’articolo si riferisce testualmente:
A stranire molti genitori pronti a mandare i loro figli in questa scuola, tuttavia, è stata una circolare consegnata loro nei giorni scorsi in cui si dice che “Chi non è munito di iPad di ultima generazione (o non intende farlo) è invitato a “proseguire il suo percorso di studi presso altra istituzione scolastica”.
Federico Viticci di MacStories ha riscoperto Mac: da sei mesi lo iPad guy
ha in mano un MacBook Pro con M1 Max e apprezza vari aspetti della vita su Mac che su iPad non sono altrettanto soddisfacenti oppure sono da interpretare in tutt’altro modo.
La sicurezza di App Store e dell’ecosistema di app è soddisfacente ma a volte si può avere voglia di installare anche software non conforme, specie se a volerlo è una persona capace, conscia dei rischi oltre che delle possibilità. L’insieme di tastiera e trackpad su MacBook Pro è superiore a quello che offre la Magic Keyboard di iPad. Il multitasking di Mac è più leggero e così via.
Mentre si
chiacchierava nel podcast A2 (raramente mi sono divertito come ieri sera e oggi sono afono per tutto il tempo passato a parlare), è passata la domanda su che cosa pensassi di
Apple Pencil. Tutto il bene possibile ho risposto, l’ho provata e riprovata, è fantastica – Roberto ha commentato che si tratta del futuro per i grafici professionisti, mi pare – ma non fa per me. Sono una persona assai poco grafica, se esprimo qualche creatività lo faccio tramite il testo, se devo prendere appunti preferisco un outliner a una app per scrivere a mano, l’audio, le foto, al limite uno schizzo se proprio non si può farne a meno, usando il dito.
Spiacente, per stasera niente contenuti sapidi, caustici, ironici o investigativi. Sono stanco morto, di quella stanchezza rinfrescante e lenitiva che arriva dopo lo sport e dopo altre cose belle della vita. Come partecipare a un podcast.
Abbiamo cominciato a chiacchierare un quarto d’ora prima dell’inizio e, un quarto d’ora dopo l’orario, c’erano i soliti amiconi a fare le battute su YouTube visto che non ci decidevamo a iniziare. Avevamo già cominciato e quanto non è rientrato nella registrazione avrebbe potuto tranquillamente.
Ci si trova in podcast
stasera su YouTube insieme a Roberto e Filippo? Alle 21. :-)
Aggiornamento: Non so se sia piaciuto, ma ci siamo divertiti un bel po’, o almeno io. Ce ne vorrebbero tre a settimana, per rinfrancar lo spirito / tra un enigma e l’altro, avrebbe detto
La Settimana Enigmistica.
Per diversi secondi non avevo capito che stesse succedendo, poi ho ritrovato l’intuizione e ho inserito il cavetto Lightning nella
Magic Keyboard, che era evidentemente scarica oltre ogni remissione.
Ho
cominciato a usarla il 5 gennaio scorso (per alimentare un blog che da allora dispone di una ricerca interna decisamente più utile della media) e dunque sono trascorsi più di quattro mesi e mezzo. La tastiera non ha perso un tocco e mi ero completamente dimenticato che avesse una batteria, che andasse caricata, che servisse un cavo.
Nella
parte zero di questa miniserie ho spiegato i criteri con cui ho scelto di parlare dell’opera letteraria (e non solo) che
Edoardo ha appena dato alle stampe e ai download. Oggi, a rispettare almeno una promessa, si parla di come è fatta l’opera.
Per cominciare, è una narrazione ipertestuale e vorrei sottolineare subito che intendo una cosa diversa da un ipertesto, termine questo capace di entusiasmare o esasperare allo stesso tempo, in funzione delle esperienze vissute e dell’opinione verso l’uso davvero povero che finora l’umanità ha fatto dello strumento, in attesa di superare condizionamenti mentali millenari e accorgersi delle sue potenzialità.
Nel dibattito sull’ipotetico diritto alla riparazione degli iPhone si è distinto particolarmente Cory Doctorow, un tempo protorivoluzionario difensore del proletariato tecnologico nella grande piazza della Rete con la maiuscola, oggi vecchio trombone che ha scelto il marchio della ribellione cronica, che è una malattia: se ti ribelli per affermare una causa sei un ribelle, mentre se ti ribelli per professione o per riflesso condizionato sei stato segnato in modo permanente da una malattia della crescita intellettuale.