Tutto è cominciato nel 2008, quando Google ha commissionato al disegnatore Scott McCloud un
fumetto promozionale su Chrome.
Recentemente l’attivista per i diritti digitali Leah Elliott ha ripreso lo stile di quel fumetto per farne uno contro Chrome, ritenuto una minaccia per la privacy e la democrazia, mica per niente chiamato
Contra Chrome.
L’associazione Copernicani ha deciso di approntare una traduzione in italiano del fumetto, che giusto oggi
ha annunciato ufficialmente.
Il punto di vista di Elliott è indubbiamente radicale; peraltro, il tema privacy è sempre più delicato e problematico e immagino che molte persone, anche veterane della rete, non siano del tutto consapevoli di tutto quello che sta dietro Chrome a questo riguardo.
Per le recensioni c’è tempo, però quest’anno ci sono da leggere anteprime interessanti. Sarò presuntuoso o approssimativo, però ritengo che ci sia semplicemente da stare collegati su MacStories, che è diventato da qualche tempo il sito per sapere di Apple le cose importanti.
Sto ancora leggendo e non ho molto da dire ancora; invito a farmi compagnia sulle
pagine di Alex Guyot dedicate a watchOS 9 e su quelle
riservate a macOS Ventura a firma John Voorhes.
Bei tempi quando le persone avevano un nome e un cognome ortodossi e al massimo un nomignolo riconosciuto dalla comunità; oggi questa moda dei nickname, degli avatar, delle identità fittizie ovunque è un sintomo evidente del degrado.
Su Internet nessuno sa che sei un cane è passato da vignetta divertente a plumbea e deprimente realtà.
O almeno così mi sono sentito raccontare oggi, da una conoscenza occasionale.
A un mercatino balneare dell’usato ho recuperato per cinque euro una copia di Una storia intricata, di Lewis Carroll, edito da Stampa Alternativa nel 1998, prezzo originale dodici euro.
Apple Silicon consuma meno a pari potenza ed è più potente a pari consumi.
Ma come si fa a dire se è vero, con benchmark semiaddomesticati, spesso dissociati dall’uso reale, a volte truccati all’origine, cui si fa dire tutto e il suo contrario? Diceva uno, basta torturare i dati abbastanza a lungo e diranno tutto quello che vuoi.
Al che si va da Amazon, che di mestiere tra varie altre cose vende cloud, e si chiede a lei.
In visita al
Museo del Balì, veramente raccomandato nonostante mi risulti praticamente sconosciuto fuori dai dintorni, e poi cena in direzione del porto, con musica dal vivo.

Chi fosse in cerca di un concentrato di saggezza per il weekend, può cavarsela con una lettura da cinque minuti scarsi:
di iPad e degli sviluppatori. Gli sviluppatori sono il pretesto, perché il post – forse inconsapevolmente mette nero su bianco alcuni fondamenti della cultura Apple che valgono per tutti e che non si riesce mai a dare per scontati anche dopo anni e anni. Per dire:
Apple è una Experience Company. Molto similmente a Disney, Apple vende sogni. Vende a partire da un’idea, da un’esperienza curata di che cosa nella loro visione dovrebbe essere il computing.
Ricevo un messaggio su
Slack: Ciao, mi puoi girare il tuo numero di telefono che ci sentiamo per la questione?
Sono davanti a Slack e,
come scrivevo, ho un pulsante di chiamata a disposizione immediata. Lo uso, ma non c’è risposta.
Arriva più tardi: Le chiamate di Slack non mi funzionano molto bene. Ci sentiamo per telefono tra una mezzoretta?
Rispondo: Va bene! Chiamami tu per favore. Grazie!
Più tardi ancora arriva questo messaggio su Slack: Scusa ma ho il telefono su cui aspetto una chiamata, possiamo fare su Slack?
Invece di comprare libri e leggere articoli sulla produttività e sull’organizzazione del lavoro, ricorro all’università della strada e imparo tutto quello che c’è da imparare sul multitasking e il suo confronto con il lavoro lineare. Dalle mie figlie.
Si spingono sul monopattino e intanto mangiano un gelato, tengono in mano l’inseparabile gioco del momento, ciascuna ascolta l’altra mentre entrambe parlano con un genitore a scelta, tengono d’occhio ogni dettaglio di quello che hanno intorno e chiedono un altro gelato, dell’acqua, dove andiamo, quando torniamo, di chi è il turno di iPad stasera. Tutto contemporaneamente.
Mentre scrivo mancano quarantatré ore alla conclusione del lancio su Kickstarter di
50 Years of Text Games: From Oregon Trail to A.I. Dungeon. Sottotitolo: Un libro definitivo sul primo mezzo secolo di fiction interattiva.
Non è una chiamata alla mobilitazione per salvare un progetto: l’autore chiedeva quasi ventottomila euro e ad adesso ne ha ottenuti più di quattrocentotremila. È uno di quei Kickstarter che chiamo animati perché la cifra raccolta aumenta mentre guardo la pagina.
Non solo mi sono divertito come in una sera davvero speciale, ma
Filippo e
Roberto hanno perpetrato l’atto finale del crimine: dal materiale di partenza hanno editato un podcast da professionisti e lo hanno pubblicato nella pagina di riferimento di
A2, per giunta con il suo titolo originale:
A dieta di mele.
So solo dirgli un grande grazie per la loro capacità di creare un’occasione realmente out of the box e stanotte farò una cosa per la prima volta nella vita: mi riascolterò.