Se tolgo
World of Warcraft e
Hearthstone, che fanno abbondantemente storia a parte, le mie esperienze di gioco coinvolgente su Mac sono limitate e distanti nel tempo. Fa eccezione anche
Angband, che è in realtà un gioco da Terminale, più che da Mac.
Rimangono titoli come
Maelstrom,
Pillars of Garendall,
Baldur’s Gate,
Oids,
Cythera, a volte giocati su hardware persino precedente a PowerPC. Senza bisogno di tornare indietro a
Dark Castle. Ah, e
Myst.
Diciamo che se fossero veri i segnali di un
reboot di Marathon da parte di Bungie, proverei a essere interessato sperando di trovare un posticino appropriato in agenda.
Si avvicina a grandi passi la pubblicazione della prima versione ufficiale di macOS Ventura, cui seguirà senza dubbio l’uscita di iPadOS 16.
I due sistemi sono accomunati dalla presenza di Stage Manager, funzione sulla cui completezza e sul cui design leggo ogni giorno (più di) una nuova storia dell’orrore.
Steve Jobs non esitò a ritirare i
Cube e accollarsi (come società) le mancate vendite una volta chiaro che c’erano problemi nella percezione del computer presso il pubblico, ancora prima che ci fossero problemi effettivi.
Apple ha i suoi problemi di eccesso di diversificazione dei prodotti: troppi iPad, troppi iPhone. È lontanissima comunque dalla follia degli anni novanta, quando con i Performa e tutto il resto poteva vantare, per modo di dire, decine di configurazione diverse, aventi l’unico scopo di impedire a chiunque di discernere quella giusta per sé.
Lenovo è messa ben peggio di Apple in tema, come testimonia la
recensione di Monica Chin su The Verge che ricorre all’iperbole delle milleuno configurazioni. Per il produttore non sembra essere un problema, semmai una nota di merito nello strano universo parallelo di gente che veramente pensa di comprarsi un portatile Intel nel 2022.
Anni fa mi sono trovato senza Mac per alcune settimane e mi sono arrangiato a lavorare con iPad. Non iPad Pro, iPad. Di terza generazione, anno 2012.
In alcuni momenti è stata dura, in altri tranquilla. Ce l’ho fatta.
Quest’estate mi sono trovato senza iPad Pro e mi sono chiesto se prendere subito una macchina nuova oppure attendere con pazienza l’uscita annuale del nuovo modello.
Certamente ho lavorato su Mac. Si lavora splendidamente su Mac. Essendo un Mac mini, tuttavia, mi trovavo in situazioni dove… ero senza iPad Pro. Clienti, viaggi, la notte a letto eccetera. Non potevo lavorare.
Ordini una serigrafia nera ruotata di novanta gradi e te ne danno una bianca girata di duecentosettanta.
I rischi di Internet non sono il porno o le fake news, ma la sciatteria di chi prende il digitale come una seconda scelta dove vale tutto e conta solo esserci, non importa come.
Il gioco è veramente tale, funziona, un intraprendente potrebbe anche stampare le carte su carta bella, plastificare eccetera.
Credo che potrei permettermi di metterlo in tavola con la giusta formazione di amici.
Per la famiglia, ci sono ancora molte pipe che vanno spiegate bene. Al momento la situazione consiglia un rinvio.
Ciononostante, un bookmark allo
Unix Pipe Card Game lo faccio di sicuro.
Anzi, mi scarico tutto. Perché, come da istruzioni, potrei governare il gioco, avendo conoscenza di cat, grep, tail, head, wc, sort, uniq. Però ho da migliorare quanto a approfondimento.
Ignoravo totalmente l’esistenza di
PowerBook Quattro, una macchina con quattro processori G3 a bordo, ciascuno capace – messo nelle giuste condizioni – di lanciare un sistema operativo indipendentemente dagli altri tre.
Ecco, è il giorno in cui ammetto che invidio una cosa presente su Windows.
Un programmatore è riuscito a
fare girare Doom dentro il Blocco Note.
Non è la conversione in sé. Con un po’ di buona volontà,
Doom gira tranquillamente nel Terminale.
Ma vuoi mettere averne una copia in TextEdit?
Prefiguro una realtà aumentata, ibrida, multiplanare, innestata, ausiliaria, orientata alle funzioni, che potrebbero prevedere il controllo delle luci così come l’editing condiviso di un documento oppure l’aggiornamento della situazione sulla plancia di un boardgame.
Al buon cuore degli sviluppatori e degli strateghi permettere di ottenere questo risultato in piena libertà di strumenti, che potrebbero essere uno schermino da tenere in tasca, un cinquecento pollici che si avvolge per duecentosettanta gradi attorno alla mia postazione o anche un proiettore di ologrammi che mi lascia manipolare oggetti virtuali come se li avessi davanti alla faccia. Mi vanno bene anche gli occhiali o il casco, va bene tutto, davvero vorrei che la realtà supplementare, coibentata, potenziata, progressiva, multistrato fosse accessibile anche mediante una forchetta munita di microchip, se necessario.
Trovo meraviglioso che, secondo IDC, Apple abbia venduto il quaranta percento in più di Mac in estate rispetto alla primavera, mentre Gartner dice che le stesse vendite sono diminuite del sedici percento e Canalys, per non fare torto a nessuno, propende per una crescita dell’uno virgola sette percento.
Detta così si vede poco; in numeri assoluti, invece, la stima dei Mac venduti questo trimestre è rispettivamente di dieci milioni, cinque milioni e ottocentomila, otto milioni.